
Contrordine compagni! Renzi ha deciso che mentre la Libia va a fuoco noi si resta alla finestra a guardare. Cos’ha detto il premier? Che non bisogna farsi prendere dall’isteria, che bisogna usare molta cautela e che tutto deve essere rimesso nelle mani del Consiglio di Sicurezza dell’Onu perché sia quell’organismo a trovare la soluzione. La verità è che un personaggio mediocre sta impersonando, da Palazzo Chigi, la “summa” degli italici difetti.
Sta dicendo al mondo ciò che il mondo aveva compreso da un pezzo: l’Italia non conta niente. Non è una potenza globale, ma non lo è più neanche a livello regionale. Ha bisogno che altri intervengano al posto suo. Nonostante le pressanti sollecitazioni degli interlocutori libici, egiziani e degli stessi americani che vorrebbero che fosse l’Italia a prendere l’iniziativa per risolvere la crisi. Su questo versante il premier ha i canali uditivi occlusi. E conoscete miglior sordo di chi non vuol sentire? Ora, dopo la goffa retromarcia, cosa accadrà? Intanto la Francia, accertata la volontà di Renzi di darsela a gambe, ha preso nuovamente il controllo delle operazioni.
I ministri del gabinetto francese si stanno muovendo con rapidità per dare sostegno all’offensiva egiziana. Stanno facendo pressioni sul Segretario Generale delle Nazioni Unite perché spinga il Consiglio di Sicurezza a occuparsi al più presto del dossier libico. Quando ciò avverrà a chi pensate che affideranno il comando della missione? Quattro anni orsono ci siamo fatti fregare da Sarkozy e si è visto com’è finita. Abbiamo pagato drammaticamente il prezzo di quelle scelte sciagurate. Pensate che sarà diverso con Hollande? La Libia non è un paese qualsiasi per gli interessi italiani. In quella terra che è stata la nostra quarta sponda ci sono il sangue, la storia e il denaro degli uomini, delle donne e delle imprese del nostro paese che rischiano di essere definitivamente cancellati. Ci sono problemi di sfruttamento delle risorse energetiche che ci riguardano da vicino.
Soprattutto da quando siamo stati trascinati nell’insensato contenzioso con la Russia a seguito della crisi ucraina. C’è un gigantesco problema di controllo dei flussi migratori. Tutto questo avrebbe dovuto spingere il nostro governo a uno scatto d’orgoglio. Non si tratta, ovviamente, di mettere su un’armata Brancaleone per andare lì a fare non si sa bene cosa. Piuttosto, bisognerebbe allestire una missione di supporto in loco all’azione dell’intelligence e della diplomazia alla quale gli analisti attribuiscono ancora una chance di successo. Ma se non si va sul terreno a verificare la possibilità di riappacificare tutte le fazioni in lotta come si pensa di fermare il pericolo jihadista? Con i collegamenti in Skype da Roma? Oggi i commenti e le ricette dei soloni in servizio permanente, gli stessi che finora non ne hanno azzeccata una, si sprecano.
Comunque, vi è un dato incontrovertibile da cui non si può prescindere. C’è qualcuno dall’altra parte del mare che ci ha dichiarato guerra. Si chiama Is, Stato Islamico. Ora, viene da chiedere a quel vigliacco di Renzi: benissimo, di intervenire non se ne parla. Hai visto i sondaggi e hai capito che se dici alle mamme e alle fidanzate dei nostri ragazzi in divisa che non li manderai in Libia a rischiare la vita prendi più voti. Ma se domani o dopodomani, i tagliagole riescono a combinare un attacco contro il nostro territorio, tu che fai? Aspetti che vengano i francesi o gli inglesi a toglierci le castagne dal fuoco? Se hai deciso per il trionfo definitivo della “società aperta”, tanto cara ai compagnucci della parrocchietta cattocomunista, allora che senso ha avere ancora un esercito? Risparmiamoli quei soldi. Sbaracchiamo tutto e dichiariamoci neutrali. Come la Svizzera.
Almeno si saprà in giro che aveva ragione quel tale, Klemenz Von Metternich, quando ebbe a dire: l’Italia è solo un’espressione geografica.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:13