La Libia non riguarda l’Onu ma la Nato

“Mamma li turchi!”. Ormai è fin troppo chiaro che per l’Italia il rischio di tornare all’epoca in cui i barbareschi di Tripoli invadevano le nostre coste per razziare beni e persone è fin troppo concreto.

Le bande del califfato islamico che conquistano la Cirenaica e la Tripolitania lanciano minacce esplicite al nostro Paese. E se anche il governo intriso di cultura cattocomunista come quello di Matteo Renzi si rende conto del pericolo mortale e si dice pronto a combattere, vuol dire che il tempo del “mamma li turchi” aggravato dal fondamentalismo islamista e da una volontà di conquista accresciuta dalla conquista dei pozzi di petrolio libici è ormai incombente.

Ma essere consapevole che l’Italia è il paese europeo più vicino al califfato e ha il territorio più esposto ai missili Scud degli islamisti non significa essere pronti a fronteggiare la minaccia. Il ministro Gentiloni ha detto che il nostro Paese è pronto a combattere. Ma ha anche aggiunto che potrà farlo solo se legittimato da una iniziativa internazionale promossa dall’Onu. Se questa è la strada che il governo italiano intende seguire per reagire alla minaccia dell’Isis proveniente dalla Libia bisogna dire forte e chiaro che si tratta di una strada del tutto impraticabile. L’Onu non assumerà mai l’iniziativa auspicata da Gentiloni. Perché nessuna delle grandi potenze presenti nel Consiglio di Sicurezza ha l’intenzione di dare all’Italia la legittimazione internazionale che il nostro Paese richiede per tutelare le proprie frontiere ed i propri interessi.

La cultura cattocomunista e la presenza di un Papa terzomondista impone al nostro governo di aggrapparsi ad un ombrello delle Nazioni Unite che nessuno aprirà mai. E allora? Come si potrà mai passare dall’accoglienza passiva di flussi migratori che sono diventati di fatto un fenomeno invasivo all’intervento armato in Libia per riportare la pace, la legge e l’ordine e bloccare l’invasione?

Che la “grande proletaria” possa tornare in Libia da sola è da escludere tassativamente. Perché l’Italia non è più né grande, né proletaria. E, soprattutto, è troppo intrisa di luogocomunismo politicamente corretto per tornare a percorrere la strada presa a suo tempo da Giolitti.

Ma se la copertura dell’Onu è impensabile e quella dell’atto unilaterale è assurda, c’è una terza ipotesi da perseguire che appare la più realistica ed anche la più praticabile a breve. Matteo Renzi sostiene che in Libia non dovrebbe intervenire solo l’Italia ma l’intera Europa. La sua, però, è una richiesta priva di senso. Come dimostra la vicenda ucraina, la Ue non esiste politicamente e militarmente. Ed evocarla significa solo fare la figura del dilettante allo sbaraglio.

In Libia, semmai, può e deve intervenire la Nato. E non in nome di qualche istinto neocolonialista, ma sulla base del suo statuto che impone all’alleanza di partecipare alla difesa del Paese che subisce una aggressione esterna.

Certo, è complicato per chi ha praticato, per questioni ideologiche e di bassi interessi di bottega, l’accoglienza indiscriminata ammettere che il confine tra accoglienza ed invasione è stato abbattuto dall’Isis. Ma non c’è alternativa a questa contorsione. O meglio, c’è una sola alternativa: tornare a gridare “mamma li turchi!”.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:17