Forza Italia e la buona battaglia

Dopo la svolta berlusconiana pro-Lega la reazione in Forza Italia è apparsa convulsa, ai limiti del disorientamento. Una virata così impegnativa, che solo un ardito timoniere può consentirsi, non poteva lasciare in piedi tutti gli ospiti del vascello. Era inevitabile che si ballasse un po’. Fa parte della fisiologia della politica elaborare il lutto per una perdita – il patto del Nazareno – in vista di una rinascita.

Quindi, nervi saldi e avanti tutta a ritrovare le ragioni di fondo dello stare insieme all’interno di un perimetro politico-ideologico chiaramente definito. Questo è il compito che attende gli ancora numerosi esponenti del partito azzurro. Si facciano tutti un bell’esame di coscienza e decidano una buona volta da che parte stare, purtuttavia non trascurando il fatto che gli elettori, quando li hanno votati nel 2013, pensavano a loro come a esponenti del centrodestra, non della nouvelle vague renziana. Alcuni di loro sono preoccupati dal rischio di essere fagocitati dalla centrifuga leghista. Potrebbe accadere. L’unico modo per evitarlo è che ci si rimbocchi le maniche e si ricominci a battere le strade e le piazze. È finita l’epoca del ghe pensi mi, dell’uomo solo al comando.

È tempo che ognuno degli eletti la smetta di crogiolarsi invocando per se improponibili rendite di posizione. Bisogna che comincino a fare ciò che quotidianamente fa la maggioranza degli italiani: guadagnarsi la pagnotta. Tradotto vuol dire confrontarsi con le tesi leghiste per giungere a una sintesi di programma compatibile con una futura azione di governo. Non serve a nulla dire: Salvini è estremista. Più utile è spiegare all’elettorato del centrodestra in quali parti le ricette del capo della Lega vadano emendate e soprattutto perché. La logica del “prendere o lasciare” appartiene al dominio della propaganda. La politica autentica conosce l’arte della mediazione. Come ripete spesso Berlusconi: bisogna essere ottimisti. Allora si riparta dalle molte cose che uniscono il centrodestra, piuttosto che stare a fare i tignosi sulle virgole. C’è un tema scottante che potrebbe cambiare in peggio le vite degli occidentali, a partire dalle prossime ore.

È la questione della crisi ucraina. Negli anni passati il governo italiano di centrodestra sarebbe stato in prima fila nel vivo delle trattative per evitare il disastro. Accadde così nel 2008, per la crisi georgiana. Oggi la nostra sicurezza è nelle mani della signora Merkel che ha preso il comando delle operazioni, mostrando ancora una volta chi è comanda in Europa. E il nostro premier Renzi glielo consente senza emettere un fiato.

Quale occasione migliore per i partiti di centrodestra di denunciare la deprecabile debolezza italiana? Non sarebbe il caso di andare in parlamento a chiedere ufficialmente al governo che rimetta in pista Berlusconi per tentare una trattativa in extremis con il suo vecchio amico Vladimir Putin? Piuttosto che restare come ebeti a sganasciarsi dalle risate per le stantie battute di Crozza sull’amicizia dei due leader, si alzi la voce invocando il diritto per l’Italia ad avere una propria politica estera, visto che l’Europa non l’ha e non la vuole. Alla signora Mogherini, nel suo nuovo ruolo di “lady Pesc”, è stato concesso soltanto di innaffiare le piantine del suo ufficio. Ci sarebbe da piantare le tende alla Camera e al Senato per tutte le cose che vanno contestate a Renzi e ai suoi. Opposizione dura e senza sconti è ciò che si aspetta la maggioranza del paese.

Le alleanze costruite a tavolino sono foglie che il primo vento spazza via. La solidità delle coalizioni si forgia nel fuoco della lotta. Tra uomini e donne che combattono fianco a fianco e parlano con una voce sola. Buttatevi nella mischia, cari parlamentari di Forza Italia e, vedrete, che a furia di sberle date e ricevute, ogni residua timidezza scomparirà.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:10