L’Expò come la sagra   del terzomondismo

Il rischio che grava sull’Expò di Milano non è più quello di dimostrare agli occhi del mondo la tendenza atavica ed irreversibile alla corruzione ed al malaffare di un’Italia antropologicamente disastrata. A detta di Matteo Renzi il rischio di fare della mostra del cibo la mostra dei vizi italici è stato scongiurato grazie all’azione tempestiva del suo governo. E da adesso in poi, anche se lo stesso governo si accinge a varare norme anticorruzione che sembrano fatte apposta per ribadire che l’Italia è capitale mondiale della mafia, negli stand dell’Expò, oltre ai cibi genuini delle nostre tradizioni, potremo orgogliosamente esporre il modello di Authority anticorruzione di Raffaele Cantone.

Ma prendiamo per buone le rassicurazioni di Renzi. Ed escludiamo che a maggio si inauguri la mostra delle iniquità italiane. Il rischio a cui andiamo incontro adesso è forse ancora più grave. L’Expò milanese minaccia di diventare la sagra del terzomondismo alimentare basato sulla ripulsa, morale prima ancora che ideologica, del libero mercato e del capitalismo disumano che domina sul pianeta.

Dal Brasile l’ex presidente Lula ha mandato un messaggio al “compagno Martina” (ministro delle Politiche agricole) ed al “compagno Renzi”, dicendosi certo che a Milano si metterà un punto alla fame in Africa e nel mondo. In chiave ovviamente anticapitalista. Carlo Petrini ha lanciato la sua ennesima denuncia contro il “libero mercato” che “sta mettendo in ginocchio milioni di contadini”. Ma, più di tutti, Papa Francesco ha fissato il programma politico dell’Expò auspicando che la mostra sia l’occasione per avviare la rinuncia “all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria” e realizzare una nuova politica economica fondata sulla “dignità della persona” e sul “bene comune”. Un programma immediatamente sposato dal neo Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha inviato un messaggio sollecitando un “nuovo modello di sviluppo” alternativo a quello attuale.

Si dirà che le parole di Bergoglio e di Mattarella sono troppo generiche (chi non può auspicare un modello di sviluppo fondato sulla dignità e sul bene comune?) e non sono mirate a trasformare Milano nella capitale occasionale del no-globalismo planetario. Ma il rischio che l’Expò assuma questa connotazione trasformandosi nel festival del pensiero dominante politicamente corretto appare decisamente alto. Può essere, nell’ottica di un Renzi alla perenne ricerca di un riflettore che lo illumini su scene sempre più alte, che un pericolo del genere costituisca un’occasione da non perdere. Ma è certo che non fa parte dell’interesse nazionale vedere cancellata l’identità di un agroalimentare, inteso come espressione della cultura e della storia del Paese, dalla banale ripetizione degli slogan di un terzomondismo d’antan.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:15