
Quando le Istituzioni dello Stato iniziano a non fare più il loro mestiere, vuol dire che la democrazia di un Paese si è inceppata. L’Italia si è incasinata a tal punto che, nel marasma generale, l’Alta Corte risulta essere uno degli organi più politicizzati degli ultimi anni e sovente esonda dai propri compiti.
Con la scusa della legittimità Costituzionale può succedere anche che essa cancelli pezzi di legge elettorale, creandone una nuova con le frattaglie del porcellum o che impedisca di celebrare il referendum promosso dalla Lega Nord sull’abrogazione della Legge Fornero con la scusa discutibile che si tratterebbe di una legge di bilancio. La politica invece arretra paurosamente diventando pigra, confusa, fuori dalla realtà e quasi arroccata in un palazzo che sta li a marcare la distanza con un Paese che non le appartiene più. In Italia infatti succede che le leggi di iniziativa Parlamentare siano totalmente soppiantate da quelle di iniziativa governativa e da una decretazione d’urgenza fatta così male da produrre norme totalmente incomprensibili. Viviamo in un Paese in cui trionfa “il percepito” tanto da indurre i Governi a creare norme prive di Decreti Attuativi con l’unico scopo di produrre spottoni che annunciano in pompa magna cose che non si faranno mai.
In questo benedetto Stivale può anche succedere che i Governi sgraditi vengano mandati a casa con manovre poco chiare lasciando il campo ai cosiddetti Governi del Presidente nati in totale dispregio delle urne. Questo accade in Italia. Ma quando il Belpaese credeva di aver visto tutto (ma proprio tutto), ecco piombargli tra capo e collo il Patto del Nazareno con le sue variegate sfaccettature ed implicazioni. I Partiti, più che liquidi, sono ormai diventati gassosi e frammentati in mille atomi impazziti i quali hanno addirittura superato il concetto di sano e leale confronto tra sensibilità diverse o tra idee diverse di società sfociando in alleanze tra fazioni che nulla hanno di politico.
Prova ne sia la nuova Legge Elettorale, come del resto l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, i cui iter parlamentari sono solo la ratifica di accordi avvenuti altrove e non tra Partiti diversi (il che sarebbe anche sano) con l’unico scopo di ammazzare gli avversari interni. Berlusconi (che su questo aspetto sarà fregato come accadde con il salvacondotto che doveva dargli Napolitano in cambio dell’elezione al Colle) ha la necessità di salvare le terga e rientrare nel gioco politico, pena la perdita della sua ormai traballante leadership. Per questo si appiattisce su Renzi e addirittura lo tutela dal suo yorkshire (al secolo quel Renato Brunetta che vuole addirittura fare opposizione) dimostrandosi totalmente non in grado di trattare perché parte da posizioni non paritarie in quanto finito in un isolamento dal quale solo il Premier può tirarlo fuori .
Quindi Silvio farà finta di trattare ma nei fatti ha già accettato il “prendere o lasciare” di Renzi che gli ha imposto il nuovo Uomo del Colle così come la nuova legge elettorale che, per dirla come Bersani, è solo un filino migliore del Porcellum. Siamo sicuri che, se Renzi gli avesse proposto Francesco Saverio Borrelli come sostituto di Napolitano, lui avrebbe accettato illudendosi così di ottenere in cambio chissà cosa. Il tutto ovviamente non condiviso con chi nel suo Partito, considerato ormai un ostile corpo estraneo, tenta di fargli capire che mettersi nelle mani di Renzi è sbagliato, non avere una linea politica è suicida e rischia di cancellare il centrodestra dalle cartine geografiche . I nemici invece sono altrove ma Silvio non lo capisce e pensa bene di farci gli accordi (Renzi) o di creare strani assi (Alfano) dimenticando i tradimenti consumati nemmeno troppo tempo fa.
Silvio in questo momento ci ricorda Fini e la sua voglia matta di dialogare col nemico emancipandosi dal suo mondo fino a sentirsi gratificato e lusingato dalle attenzioni di un nemico che lo usa, lo mastica e poi lo sputa. Sappiamo com’è andata a finire con il leader di An e non vorremmo assistere allo stesso tremendo spettacolo perché questa volta non si tratterebbe della scissione di un pezzo di centrodestra ma comporterebbe la morte di un’intera area politica. Neanche Renzi, nonostante la spavalderia, se la passa così bene e, per contrastare le pressioni interne, umilia il corpaccione del suo Partito spingendolo a fare un penultimatum al giorno e minacciare di consumare quella scissione che non ha il coraggio di fare perché è molto più semplice fare i Che Guevara all’ombra del PD. Paradossalmente anche Renzi ha messo il proprio destino nelle mani di Berlusconi facendosi addirittura soccorrere nelle votazioni parlamentari sull’Italicum ove, senza i voti determinanti di Forza Italia, Renzi avrebbe rimediato una sconfitta mortale. Questo non è più il patto del Nazareno. Questa è un’alleanza politica e parlamentare molto più organica di un patto sulle riforme.
Questo è il preludio alla nascita di un sodalizio molto più vasto ed esteso. Per ora il risultato è un sistema in cui esiste una nuova entità politica bicefala composta da Renzi e Berlusconi che trova nella minoranza DEM e nella minoranza azzurra l’unica opposizione. I Grillini invece si sono ormai sbracati e non esistono più, i Fratelli di Giorgia non sono mai esistiti e si accucciano all’ombra di Salvini, l’unico in grado di cavalcare a modo suo questa democrazia inceppata. La maionese è impazzita ed ogni ulteriore rimescolamento non fa che peggiorare le cose. Qui non è in discussione il fatto che le regole di funzionamento di uno Stato vadano condivise. Qui è in discussione il fatto che i patti si facciano conservando posizioni distinte ed autonome e, possibilmente, alla luce del sole o magari dopo averli condivisi almeno con il proprio partito.
Questo a patto che non si voglia scientemente spaccare tutto per ricomporre diversamente il quadro politico (una nuova DC di cui parla Rotondi o il Partito della Nazione di cui parla Casini). In tal caso potevate dirlo prima. Ci saremmo rassegnati a morire democristiani.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:08