
Gratta il giovanilismo e scopri il terzinternazionalismo. È il caso della nostrana Evita del Perón alla fiorentina, Matteo Renzi, cioè della ministra Maria Elena Boschi. Che per un verso sostiene il giovanilismo banale secondo cui tutti i guasti della politica italiana sono stati provocati dalle vecchie generazioni da rottamare da parte di una nuova generazione di trentenni naturalmente immune da qualsiasi germe trasmesso dai propri avi. Ma per l’altro dimostra in maniera addirittura patetica che sotto questo giovanilismo da parrocchietta si nasconde la rimasticatura di schemi ideologici risalenti alla prima metà del secolo scorso. Una rimasticatura che, oltretutto, non è stata neppure ben analizzata e compresa ma che è passivamente tratta da quel metaforico bignamino della politica a cui la sinistra fa ricorso quando non capisce la realtà della società in cui si trova e non sa in quale modo affrontarla.
La giovane Boschi è drammaticamente una terzinternazionalista inconsapevole. Che tende ad esorcizzare i nemici a sinistra rappresentati in questa fase dai sostenitori di Beppe Grillo etichettandoli come dei socialfascisti che se non si trasformano in ascari al servizio del principale partito della sinistra sono degli eversori al servizio oggettivo della reazione. E che per contrastare la tendenza dell’area moderata a ricompattarsi attorno ai temi popolari della critica all’euro ed all’europeismo dei burocrati e dell’opposizione all’accoglienza sbracata che nasconde (come dimostra il caso Roma) l’affarismo dei buoni a parole, non sa far altro che bollare come fascismo il fenomeno in atto. Prendersela con la Boschi per la sua evidente mancanza di fondamentali è come sparare sulla Croce Rossa. Il suo, però, non è un caso isolato ma è l’ultima conferma della serie che il renzismo inteso come ricambio di generazione è privo di qualsiasi sostanza. E, in quanto tale, non costituisce una risposta credibile alla crisi che avanza.
Non ci si può stupire, allora, se la Cancelliera Angela Merkel giudica insufficienti le riforme italiane. Perché le riforme varate dal giovanilismo terzinternazionalista non sono insufficienti ma sono drammaticamente inesistenti. Nessuna di quelle messe in cantiere è in grado di incidere in qualche modo sulla crescita esponenziale della crisi. Le riforme istituzionali non fermeranno la disoccupazione crescente e la recessione in aumento. La strombazzata riduzione drastica delle tasse si è già risolta in un aumento della pressione fiscale secondo la regola del togli uno e aumenti due. E la riforma del lavoro, sempre se e quando i provvedimenti attuativi vedranno la luce, non produrrà neppure mezzo posto di lavoro in più.
In queste condizioni arroccarsi, come ha fatto la Boschi in nome e per conto di Renzi, attorno alla rivendicazione della superiorità morale del Pd rispetto alle altre forze politiche ed allo schema che i nemici a sinistra sono socialtraditori e quella a destra dei fascisti, significa creare le condizioni per il tramonto prima del tempo del giovanilismo al potere. Chi si può più fidare di gente che ripete senza neppure capirle fino in fondo le pappardelle ideologiche di un’epoca antica superata dai tempi e che non può più ritornare?
Il dramma è che la speranza nel renzismo viene progressivamente spenta dalla sua inadeguatezza crescente. E tutto questo avviene mentre giungono i segnali di una crisi che rischia di diventare sempre più pesante a causa di un’Europa inconsistente che scricchiola in maniera sempre più forte.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:22