
L’astro nascente del Movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio, ha proposto al Partito Democratico di usare per la futura elezione del successore di Giorgio Napolitano lo stesso metodo adottato per l’elezione della candidata del Pd alla Corte Costituzionale, Silvana Sciarra. Cioè di sottoporre il candidato proposto dal partito di Matteo Renzi alla valutazione dei cinquecentomila utenti certificati del blog di Beppe Grillo. E, una volta ottenuto il giudizio positivo dei naviganti pentastellati nel mare di internet, di procedere all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica unendo in Parlamento i voti del Pd e del Movimento Cinque Stelle sul prescelto dal popolo.
Ciò che interessa nella proposta di Di Maio non è la smaccata disponibilità dei grillini a svolgere a beneficio di Renzi il ruolo di “secondo forno” del Pd per mandare all’aria il patto del Nazareno e mettere all’angolo Silvio Berlusconi. Il trasformismo parlamentare di un partito che da sempre si presenta come estraneo al sistema non stupisce e non scandalizza. Fa parte del gioco. E se qualcuno si presta ad esso, come il Pd che lo accetta pur di piegare la resistenza del Cavaliere sulla legge elettorale, o le diverse componenti di Forza Italia che se ne fanno volentieri vittima pur di avere un qualche peso all’interno del proprio partito, buon per lui.
Ciò che colpisce e francamente spaventa è la singolare pretesa di Di Maio di assegnare ai cinquecentomila utenti del blog grillino la concreta facoltà di eleggere direttamente il capo dello Stato. Si dirà che questa pretesa è figlia del tentativo furbesco dei dirigenti del Movimento Cinque Stelle di imporre al Pd le proprie scelte spacciandole come espresse dalla base popolare. Ma non c’è solo furbizia nella proposta di Di Maio. C’è anche la convinzione che la democrazia diretta si esprima ormai solo attraverso la Rete. Se dunque i cinquecentomila certificati danno il via libera ad un candidato al Quirinale, ai partiti rappresentati in Parlamento non rimane che sancire con il loro voto la volontà popolare espressa in forma diretta. Ma i cinquecentomila utenti del blog di Grillo esprimono la volontà prevalente nei sessanta milioni di cittadini italiani? Per i grillini la domanda non ha senso. Perché se i sessanta milioni di italiani non diventano utenti del blog di Grillo si astengono di fatto dalla consultazione popolare sul web. E, quindi, chi c’è conta e chi non c’è non esiste: la democrazia diretta attraverso la Rete è rispettata!
Che questa sia una logica distorta è fuori di dubbio. Ma va detto chiaro e forte che le convenienti tattiche del Pd e le insipienze delle componenti di Forza Italia rischiano di avallare questa logica e di provocare non il trionfo di una democrazia diretta fasulla, ma una reintroduzione surrettizia del vecchio notabilato adeguato alle innovazioni tecnologiche.
All’inizio dello stato unitario ad esercitare il diritto di voto erano solo i cittadini che potevano contare su un censo adeguato. E per arrivare al suffragio universale ci sono voluti decenni di lotte e la trasformazione dalla democrazia del notabilato nella democrazia rappresentativa. Oggi in nome della necessità di passare dalla democrazia rappresentativa a quella diretta si chiede, di fatto, di tornare al notabilato. Cioè alla sostituzione del criterio del censo con quello della certificazione al blog di Grillo per usufruire del pieno diritto di cittadinanza.
Il ché non è tanto una follia quanto una clamorosa cretinata. Che però, in tempi in cui i cretini abbondano, rischia di diventare una tragica realtà!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:29