
Matteo Salvini si prende il centrodestra e lo annuncia in un’intervista a “Libero”. Il suo progetto è quello di affiancare alla ormai collaudata Lega Nord un nuovo soggetto politico aperto a tutti, libero e nuovo che raccolga tutti quelli che ci vogliono stare e che si sentono orfani di un contenitore realmente alternativo a Matteo Renzi, che colmi quel deficit di rappresentanza non di sinistra ormai conclamato nel Paese.
E così, entro fine mese, assisteremo al lancio di un nuovo brand politico che parte da parole d’ordine semplici, chiare e precise che, guarda caso, sono proprio quelle che ha abbandonato l’attuale schieramento di centrodestra preso com’è da questa sua deriva progressista. Il centrodestra, non solo il suo leader, è ormai stanco e mostra un complesso di inferiorità rispetto alla sinistra che prescinde dalle ormai tristemente note posizioni sulle coppie omosessuali o sugli immigrati. Il centrodestra è come una squadra cui sono saltati gli schemi e che versa ai limiti della zona retrocessione. Nonostante la grave situazione di classifica, essa si affida comunque al colpo di genio dell’attempato numero dieci sperando di svangarla comodamente e di evitare l’umiliazione della serie B, magari su punizione dal limite o su una fortunosa carambola. Nessuno che si degni di portare palla o di macinare chilometri sulla fascia rifornendo di palloni giocabili il bomber, che tuttavia non sembra arrendersi al tempo e cerca la giocata leziosa o il colpo ad effetto più del goal in grado di salvare la partita.
Fuor di metafora calcistica, il centrodestra non fa che compiacere Renzi rincorrendolo su tutto fino a rasentare il ridicolo: il Partito Democratico è per le primarie? Anche il centrodestra. Il Pd celebra gli incontri alla Leopolda? Ci vorrebbe una Leopolda di destra. Il Pd rottama? Il centrodestra formatta.
E allora in questo deserto cosa poteva fare il buon Salvini? Per tanto tempo lo hanno fatto passare per un cretino, mentre adesso gli attribuiscono una scaltrezza fuori dal comune. Come sempre la verità sta nel mezzo ed il buon Matteo, in verità molto bravo a farsi capire dal popolo data la chiarezza e la nettezza delle opinioni, ha pensato bene di occupare lo spazio lasciato vuoto dai politiconi delle larghe intese parlando un linguaggio spicciolo, diretto ed evocando concetti come l’Italia agli italiani, stop Euro, basta tasse, robe che tutti sembrano aver abbandonato e che invece sono molto care al Popolo.
Il momento è propizio anche perché gli statisti sembrano arroccati nel Palazzo a lusingarsi vicendevolmente: loro parlano di legge elettorale mentre lui parla di occupazioni abusive delle case popolari e di pericolo islamico, loro si definiscono moderati mentre lui punta a sfanculare gli euroburocrati, loro usano un vocabolario etereo, incomprensibile ed ondivago mentre lui parla di rom e di Stato sprecone, loro parlano di Ppe o Pse mentre lui evoca leader pratici e risoluti come Le Pen e Putin. Siamo pronti a credere che non si tratti di un fuoco di paglia, né tantomeno di un cartello elettorale. Siamo pronti a scommettere che, se i moderati continueranno a trattare giannilettianamente su tutto (anche su una cosa che dovrebbe essere automatica come la sfiducia al ministro Angelino Alfano), Salvini avrà buon gioco e non servirà nemmeno chiamare a raccolta gli altri partiti del centrodestra perché gli elettori arriveranno al suo ovile con le proprie gambe e senza bisogno del cane pastore.
Come del resto accadde a Berlusconi nel ‘94, quella di Salvini è un’operazione culturale (e non elettorale) che sarà accolta con il solito scetticismo da parte di qualche politicone che arriva a comprendere il malcontento popolare solo dopo un sonoro cazzotto nelle “basse urne”. Essa, nella sua tremenda semplicità (quasi banale), avrà la forza prorompente di interpretare la pancia della gente con la stessa dirompenza di Grillo ma con la concretezza di chi non cazzeggia su un blog ma fa politica.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:26