Il pensiero fallace di Maurizio Lupi

Quando il centrodestra non si abbandona al gossip ma parla di argomenti seri, discutere di politica diventa un piacere. Anche quando a farlo è un esponente del partito dei transfughi del Ncd. In un’intervista rilasciata ieri l’altro al “Corsera”, Maurizio Lupi affronta un tema scottante della politica ”alta”. Egli dichiara la propria delusione per la rottura con Forza Italia con la quale, dice testualmente, “volevamo ricostruire una grande coalizione dei moderati alternativa al centrosinistra…”. E aggiunge: “Purtroppo in Forza Italia non imparano dagli errori: come un anno fa tornano ad estremizzare la loro posizione… Constato che dicendo no alla proposta di ricostruire il fronte moderato, rischia di ridurli (quelli di Forza Italia, ndr) ad una minoranza sempre più estremistica…”.

Al netto dei calcoli di convenienza elettorale, bisogna ammettere che la considerazione di Lupi meriti un approfondimento. L’esponente di Ncd si ispira a un modello politico il quale colloca la proposta della destra nell’ambito di quel pensiero moderato che negli anni della “Prima Repubblica” fu impersonato dalla Democrazia Cristiana. Secondo Lupi, il porsi fuori da quell’alveo spingerebbe chiunque, anche i pacifici forzisti, su posizioni estremistiche. In altre parole, tra la prassi moderata e la riduzione massimalistica delle istanze dei ceti medi, non vi sarebbe spazio per niente altro. Non esisterebbe terreno di manovra per una destra priva di aggettivazioni. Ha ragione Lupi? No di certo.

Se si vuol far passare il messaggio che una persona che non è di sinistra o sta con Alfano, e Casini, oppure si rassegni a diventare un pericoloso estremista, è una forzatura. Vi è stata, a seguito della crisi economica devastante, l’implosione del blocco sociale di riferimento storico del centro-destra negli Anni Novanta del secolo scorso. I governi sostenuti dalla sinistra, in particolare quello di Matteo Renzi, hanno operato per il rafforzamento delle politiche sociali in favore dei soli “garantiti”, lasciando indietro segmenti consistenti di ceto medio che, dall’avvento della globalizzazione, si sono progressivamente proletarizzati. Se, dunque, in questo universo rovesciato è la sinistra che fa il gioco della concentrazione capitalistica, è naturale che sia la destra a dare voce alle istanze di riequilibrio sociale, avvertite dai ceti popolari, attraverso il riconoscimento di quei diritti di cittadinanza, diversamente negati dalle politiche di contenimento della finanza pubblica, imposte in ambito comunitario.

Per essere più chiari facciamo degli esempi. La difesa della proprietà privata non sarà mai una priorità della sinistra. L’attacco continuo di Renzi al bene-casa, avallato dai sodali del Ncd, mediante l’uso della leva fiscale, rappresenta un colpo inferto alla maggioranza degli italiani. La destra non può che osteggiare una tale scelta. Difendere il potere delle burocrazie in danno delle libertà del privato cittadino è di sinistra. Combatterle è di destra. Le politiche sull’immigrazione, di cui il ministro Alfano mena vanto, tendono ad annichilire quel principio di difesa dei confini che per la destra, tout court, costituisce un valore non negoziabile. Anche l’idea di patria fa capolino in questo ragionamento. Rivendicare una dignità per l’Italia, in quanto nazione e Stato sovrano, da contrapporre all’arroganza dei partner europei, in particolare quelli del fronte del Nord, tradisce pulsioni populiste? Sostenere, in ordine alla questione ucraina, anche le ragioni della Russia nella consapevolezza che solo un’Europa unita dall’Atlantico agli Urali abbia un futuro in un mondo globalizzato, significa fare il gioco di Salvini o, invece, rendere concreta la visione che fu di Charles De Gaulle? Asserire che l’amministrazione di Washington non sempre abbia ragione, vuol forse dire che si è antiamericani?

E gridare ancora oggi: “Dio, Patria e Famiglia!” colloca chi lo afferma tra gli stagionati cantori del fascismo oppure ne fa una persona normale che solo abbia avuto la ventura di leggere il “manifesto dei conservatori” di Giuseppe Prezzolini? La destra a cui pensa Lupi non è la destra storicamente riconosciuta. È piuttosto una variante ultramoderata del centrismo di marca democristiana. Un’idea genuinamente laica, liberale e conservatrice della società è possibile e, dal punto di vista del potenziale bacino di consenso, essa ha davanti a sé una prateria che l’attende.

Se Lupi, Alfano e gli altri di Ncd non riescono a vedere questo spazio o, semplicemente, non sentono di condividerne i presupposti ideologici e valoriali, vorrà dire che le nuove leve della destra politica sapranno farsene una ragione. Sarà anche giusto che ognuno vada per la sua strada. Con la fine della Prima Repubblica, nel 1994, c’è chi giurò che non avrebbe avuto pace finché non avesse visto risorgere la balena bianca, come all’epoca era appellata la Dc. Ma, in quel tempo, vi erano altri che avevano giurato a se stessi di non morire democristiani. Forse è giunto il momento che ognuno faccia valere i propri giuramenti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:23