
In molti si saranno chiesti per quale motivo il “Tribunale Dreyfus” (associazione presieduta da Arturo Diaconale che difende i cittadini dagli effetti devastanti della giustizia ingiusta) abbia aperto i battenti con due udienze, la prima sul caso dei marò detenuti in India e la seconda su Francesco Storace accusato di vilipendio alla presidenza della Repubblica. La risposta è nei fatti: entrambe le vertenze fotografano come il Belpaese non sia più da tempo culla del diritto, anzi una sorta di landa desolata, ove le procure rovinano l’esistenza di troppa gente e sovente i governi evitano di soccorrere gli italiani nelle grinfie di giustizie lontane (sia geograficamente che eticamente).
L’attività del tribunale (per ora può solo sentenze politico-morali) è iniziata ieri mattina nel Tempio di Adriano: oggi sede della Camera di Commercio di Roma (in Piazza di Pietra), un tempo luogo d’un imperatore strenuo divulgatore del diritto fin nelle più lontane province. Il professor Federico Tedeschini ha presieduto la prima udienza, quella sul caso dei marò. Pubblico, “togati” e avvocati hanno ascoltato la relazione introduttiva dell’avvocato Vincenzo Vitale sulla vicenda dei due fucilieri di marina: i militari da due anni e mezzo sottoposti a regime detentivo in India, la loro sorte appare sempre più incerta. Colpa dei comportamenti contraddittori tenuti dai diversi governi italiani, come hanno evidenziato le testimonianze dell’ex comandante del “Battaglione San Marco” ammiraglio Fabio Ghia, nonché del generale Dino Tricarico (ex Capo di Stato Maggiore dell’Aereonautica). Anzi, alle domande dall’avvocato Valter Biscotti, proprio Tricarico ha sottolineato quanto durante il governo Monti fosse in essere un velato disinteresse sulla vicenda frammisto a maldestri tentativi di trattare sottobanco con gli indiani.
A confortare il quadro reso dal generale Tricarico provvedevano le parole di Antonio Tajani (vicepresidente del Parlamento Europeo) che, inequivocabilmente, dichiarava che il governo di allora non aveva chiesto sulla vicenda l’intervento dell’Unione europea. Anzi fu Tajani che, conscio della situazione dei due marò, sensibilizzava il presidente Barroso. Sempre l’europarlamentare di Forza Italia chiedeva a Barroso conferme su chi lo avesse contattato dal governo in carica: ed il portoghese, allora presidente di commissione Ue, ribatteva che solo Tajani stesse premendo sulla vicenda. Una parziale lettura di questo comportamento del governo l’ha fornita il generale Tricarico, che ha ricordato come viga l’antico adagio italiano di scaricare ogni vertenza internazionale sulla diplomazia, confidando sull’abilità dei nostri ambasciatori e consoli. Non dimentichiamo che l’allora ministro degli Esteri Giulio Terzi sconsigliava al premier Monti di far rientrare in India i due marò, rimpatriati per un breve periodo in Italia. Poi lo stesso Monti scartava il consiglio di Terzi, opponendo d’aver dato la parola all’India circa il rientro dei due militari.
Piccolo particolare: all’epoca era ancora ipotizzata sui marò l’applicazione della “Sua Act” che prevede la pena di morte. Quindi è proprio Tricarico che punta il dito sulle “responsabilità individuali che hanno trascinato l'Italia in un vicolo senza uscita”. Il generale consiglia che tali vertenze vengano affrontate da organismi sovranazionali. Anche il generale Fernando Termentini sottolinea come le responsabilità siano da individuare ben oltre i due fucilieri di marina. L’udienza riprenderà il 13 ottobre prossimo, sempre al Tempio di Adriano, dove verrà ascoltato Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ministro degli Esteri, e Giorgia Meloni (parlamentare e leader di Fratelli d’Italia).
Intanto la seconda udienza di ieri accendeva i riflettori su Francesco Storace, ex governatore del Lazio accusato di vilipendio al Capo dello Stato: rischia il carcere per un reato d’opinione. L’Alta Corte del Tribunale Dreyfus ha ascoltato la deposizione di Francesco Storace e le testimonianze degli onorevoli Roberto Giachetti e Massimiliano Smeriglio, nonché dell’avvocato Giuseppe Rossodivita. Giachetti ha ricordato come il vilipendio sia per lui figlio del Codice Rocco, per questo partorito in un paese dove il capo dello Stato era il Re ed il presidente del Consiglio il Duce. Giachetti sostiene che il vilipendio al Presidente della Repubblica abbia sostituito la lesa maestà e le offese al Duce. Storace non concorda storicamente ma apprezza che Giachetti si sia scagliato contro una legge liberticida. “Non sono d’accordo praticamente con nulla di ciò che dice Storace, però su questa vicenda, se non fosse grave, ci sarebbe davvero da ridere - tuona Roberto Giachetti (vicepresidente della Camera dei deputati e parlamentare del Partito democratico - ”. Intanto il 21 ottobre prossimo il Tribunale ordinario di Roma si pronuncerà sul leader de La Destra per vilipendio del capo dello Stato.
Giachetti è stato tra i primi a solidarizzare con Storace: “Nei confronti del Capo dello Stato, soprattutto negli ultimi mesi, ne sentiamo di tutti i colori. Possiamo dire che le ore che separano Storace dal processo siano scandite da parole come ‘boia’ o ‘pagliaccio’ rivolte al Presidente Napolitano da tantissimi esponenti della politica come dell’antipolitica: sono convinto che i reati d’opinione vadano tutti abrogati. Che siano il retaggio di un momento storico che non esiste più, e ci dovremmo liberare di loro”. “Sono almeno trenta anni che i vari governi, di tutti i colori politici, che si sono succeduti dicono di essere pronti - ha sottolineato Giachetti - ma nessuno ha tolto questa pesante eredità del passato. Non vorrei che, come spesso accade in Italia, occorra attendere che qualcuno vada in galera per correre ai ripari. Ci troviamo davanti ad una vicenda in merito alla quale c’è stato persino un chiarimento col Capo dello Stato.
Mentre ne parliamo - chiosa Giachetti - sul conto del Presidente ne sentiamo davvero di tutti i colori, e ormai da mesi. Per questo dico: ci sarebbe da ridere, se la situazione non fosse estremamente seria”. Così Giachetti affida il suo commiato ad alcuni versi di Trilussa, ribadendo quanto sui ormai teatrale e drammatica la vicenda. Dello stesso avviso Massimo Smeriglio che, da uomo di sinistra, dichiara di gradire avversari di vaglia come Storace, deprecando il pensiero unico auspicato in certi palazzi. Quindi paragona il leader de La Destra a Giovannino Giareschi che, prima di Storace, subì la carcerazione per aver vilipeso l’allora presidente Luigi Einaudi.
L’avvocato Giuseppe Rossodivita paragona il caso Storace a quello della radicale Rita Bernardini. “Era il 1997, all'epoca dei fatti - rammenta Rossodivita - Rita Bernardini non era ancora segretaria del partito radicale, militava di brutto e ogni tanto le parole volavano. Come quella volta a piazza Navona a Roma. Rita è stata l'ultima, prima di Francesco Storace, a vedersela col vilipendio alle camere e al capo dello stato. In quell’occasione i radicali manifestavano per la legalizzazione delle droghe leggere, antica battaglia di Marco Pannella. I toni da comizio sono sempre un po' alterati, e la Bernardini si lasciò andare. Dette del fuorilegge al parlamento e del capo dell'associazione a delinquere all'allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro.
Diceva che i parlamentari si prendono il finanziamento pubblico dei partiti e sono tutti insieme un’associazione a delinquere... il capo di questa associazione è il presidente della Repubblica. Alla Bernardini furono contestati, oltre alla istigazione all'uso di sostanze stupefa¬centi, anche il vilipendio e l’offesa all'onore e prestigio del presidente della Repubblica. Come prescrive il codice penale all'articolo 313, per il primo occorre l'autorizzazione delle camere, per il secondo l'autorizzazione del guardasigilli”. Il procedimento venne bloccato nei palazzi, ma la Bernardini avrebbe gradito essere processata. E se Rossodivita augura l’assoluzione per Storace, invece il presidente de La Destra si augura di essere condannato, per dimostrare come la giustizia e certe istituzioni siano di parte e cadute nella farsa. “Rinuncerò ad ogni beneficio - chiosa Storace - voglio andare in galera subito dopo la condanna”.
Il primo ciclo di udienze si concluderà il 26 ottobre. Il Tribunale emetterà giudizi meramente di valore politico e morale.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:23