
Le riforme che devono essere fatte in Italia devono migliorare la situazione, non peggiorarla. Chi si propone come riformatore dovrebbe sapere fare e non solo proporre se stesso. Poi succeda quel che succeda (e intanto ci si sistema a carico dello Stato). Da queste ovvietà, prendo le mosse per dire, in poche righe, perché l’unica riforma che il Governo Renzi sta cercando di condurre in porto è sbagliata nella sua sostanza, per incompetenza e insipienza di chi l’ha pensata, forse voluta.
Premesso che si sarebbe dovuto dare la precedenza al risanamento dei conti pubblici italiani, all’abbassamento delle tasse e all’erosione del debito pubblico con dismissione di beni e patrimonio dello Stato, la riforma su cui l’attuale Governo si arrovella prevede l’abolizione del Senato così come è oggi, con la sua sostituzione con ottanta consiglieri regionali e quindici sindaci. Tutto ciò vuol dire che i futuri senatori apparterranno al solo personale politico di cui da trent’anni a questa parte ci lamentiamo tutti.
Il superamento del bicameralismo perfetto comporta – comporterebbe e comporterà – autoritarismo mentre dovrebbero essere modificate le sole funzioni del Senato, nel senso della loro riduzione e affatto della loro abolizione. Se ne dovrebbe ridurre il numero dei senatori alla metà, con loro elezione democratica. Il che vuol dire che li dobbiamo eleggere noi tutti: il popolo, la collettività, gli italiani. Il processo legislativo potrà essere sveltito prevedendo che in ambo le Camere l’attività delle commissioni avvenga sempre in sede redigente e che si possa lasciare l’aula, con annesse le dichiarazioni dei gruppi, al solo voto finale.
La più grande democrazia al mondo, quella statunitense, funziona così, con il bicameralismo perfetto e il presidenzialismo. È in quel senso che bisogna andare, lasciando stare ridicole emulazioni di sistemi, quale quello tedesco, diverso in tutto dal nostro, trattandosi di uno stato federale nel quale le regioni – quelli che i tedeschi chiamano i Länder – hanno un potere legislativo effettivo.
Da noi, che non siamo uno stato federale, alle Regioni devono essere tolte competenze e invece, con la eventuale stupida riforma, si va esattamente nella direzione opposta. Con tale provvedimento – da ostacolare duramente, costi quel che costi, tutto incluso – si vorrebbero mettere i nostri sindaci e i nostri consiglieri regionali, dei quali dobbiamo e vogliamo circoscrivere le competenze, a sedere in un Senato nuovo che ne amplia le competenze. Facciamo così, diciamo che al Governo non sanno cosa stiano facendo, che stanno scherzando con la cosa pubblica e facciamo prima.
In questa idea folle di Senato, specchio di digiuni di generazioni di cultura, istituzioni e di politica, si risparmierebbe peraltro pochissimo e non si accelererebbe un bel niente. Il “disegno” riformista prevede una sola Camera in uno Stato come il nostro che federale non è, che non ha il Presidente della Repubblica eletto direttamente, un Senato il cui potere – assoluto – verrebbe dato ed esercitato da una minoranza del Paese pari a circa meno di un terzo dei votanti e una Camera la cui selezione sarà sottratta al voto popolare e data ai segretari politici.
È la riforma più antidemocratica che sia stata mai concepita dopo il Fascismo. Alla luce di queste considerazioni, gli italiani devono premere perché i neofiti al Governo passino a concentrarsi in fretta sui conti, per vedere se e cosa sappiano o riescano a fare lì. Proviamo con un’altra materia.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:23