Galan e l’inadeguata   presidente Boldrini

Giancarlo Galan deve andare in carcere. E deve andarci prima possibile. Lo pretendono i magistrati veneziani che lo hanno inquisito per presunte tangenti nella vicenda Mose e che non hanno accolto la richiesta di arresti domiciliari per l’ex Governatore del Veneto. Lo vuole fortemente il leader del Movimento Cinque Stelle, Beppe Grillo, che su Facebook ha ironizzato sui problemi fisici di Galan. Ma lo vuole soprattutto la presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, che di fronte alla richiesta di un rinvio del voto di Montecitorio per l’arresto del presidente della Commissione Giustizia suffragata da un certificato medico, ha concesso uno slittamento di qualche giorno ma ha dichiarato in maniera stizzita e perentoria che il rinvio deve essere considerato “in maniera ultimativa e non ulteriormente differibile”.

Ora Galan è ricoverato in ospedale. Non per qualche malattia pretestuosa, ma in seguito ad un incidente domestico che gli ha provocato la frattura di una gamba e, successivamente all’ingessatura, una tromboflebite aggravata da un diabete conclamato. Nelle condizioni di immobilità in cui si trova non può fuggire, non può reiterare il reato di cui è accusato e non può inquinare le prove. Ma a dispetto di questa realtà incontrovertibile e della condizione di minorità fisica in cui si trova, deve comunque essere rinchiuso in una cella. Lo sollecitano i magistrati che lo hanno indagato, lo pretendono i dirigenti delle forze politiche avverse alla sua e lo chiede di fatto anche la presidente Boldrini. Che ha concesso un breve slittamento senza possibilità di proroghe per un voto sull’arresto dall’esito abbondantemente scontato, senza porsi minimamente il problema se il deputato a rischio di carcere possa o meno partecipare e difendersi nella seduta in cui l’assemblea deciderà della sua sorte.

Non c’è bisogno di particolare acume per capire la ragione per cui magistrati ed avversari politici chiedano a gran voce la sollecita celebrazione della cerimonia di pubblica e solenne degradazione. I primi puntano ad un inquisito da umiliare per favorire una confessione risolutrice del caso. Ed i secondi hanno bisogno di un nemico da liquidare in maniera eclatante per dimostrare la propria virtù e la propria intransigenza. Ma rimane difficile capire le ragioni per cui il presidente della Camera si appiattisca in maniera così piena ed anche indecorosa sulle ragioni degli inquirenti e degli avversari di Galan senza porsi non il problema dell’eventuale innocenza del malcapitato, ma il dubbio se faccia parte delle sue responsabilità il dovere di difendere il diritto di un parlamentare espressione della volontà popolare di poter partecipare alla seduta della Camera in cui si decide della sua libertà personale.

Il problema non riguarda la sensibilità umanitaria della Boldrini, che evidentemente si manifesta per immigrati e per gli indigenti ma non riesce ad andare oltre e riguardare anche gli inquisiti a cui viene di fatto negata la presunzione d’innocenza. E neppure la collocazione politica ed ideologica della terza carica dello Stato, che è ben nota e non ha alcun bisogno di venire confermata da una manifestazione di tanta intransigente coerenza. Il problema riguarda la competenza istituzionale della presidente della Camera, evidentemente così infinitesimale da non far comprendere alla Boldini che non difendere il diritto di un parlamentare di partecipare e prendere la parola nella seduta dell’Aula in cui si mette ai voti la richiesta del suo arresto è un comportamento non solo moralmente riprovevole ma soprattutto istituzionalmente inaccettabile.

Galan farebbe bene ad andare a Montecitorio in barella. Per rivendicare la propria innocenza e per dimostrare l’inadeguatezza di chi, nel tutelare il Parlamento, dovrebbe tutelare la sovranità popolare e la democrazia italiana!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28