
Alleluja! Le ultime mosse di Matteo Renzi sullo scacchiere europeo non lasciano dubbi. Il Premier ha preso atto che la posizione dell’Italia nelle dinamiche di relazione tra Stati è debolissima. Praticamente, la nostra politica estera è da pesi piuma in un confronto che diventa ogni giorno che passa più muscolare. Renzi ha compreso, dunque, che si dovesse procedere rapidamente a una correzione di rotta, modificando gli assetti all’interno della squadra di Governo nel modo più indolore possibile.
L’occasione gli si è presentata con la questione delle nomine ai vertici dell’Unione per il prossimo quinquennio. È di tutta evidenza che i risultati ottenuti gli conferissero il diritto a essere un interlocutore privilegiato della cancelliera Angela Merkel, anche alla luce del pessimo risultato elettorale ottenuto dall’altro partner, il francese François Hollande. La decisione presa dai due maggiori raggruppamenti europei, il Ppe e il Pse, di promuovere una “larga intesa” onde fronteggiare la marea montante dei gruppi anti-euro, e degli scettici che si aggirano, numerosi, nel nuovo Parlamento Europeo, assicura al Pse (che non ha vinto le elezioni) di poter esprimere almeno due propri rappresentanti per la cinquina delle cariche top in assegnazione nei prossimi giorni.
Il Pse ha, all’unisono, candidato il tedesco Martin Schulz per la presidenza del Parlamento. Accontentato il fronte nord, alla folta rappresentanza della sinistra moderata italiana è spianata la strada del premio per il buon risultato elettorale ottenuto, che potrebbe tradursi in un incarico di prestigio. Magari di scarso peso politico, ma altamente simbolico. Dando una scorsa alle funzioni delle singole cariche, l’identikit sembra disegnato a pennello per il ruolo di “alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea” (Pesc). L’incarico è attualmente ricoperto dalla signora Catherine Ashton, la quale nel corso del suo mandato ha fornito la prova materiale di quanto poco conti la funzione assegnatale.
In un’Europa ancora profondamente divisa dal punto di vista geopolitico e strategico, in fatto di poteri decisionali effettivi e d’indirizzo, un rappresentante unico conta quanto il due di briscola. È stato così per la Ashton, sarà così per il suo successore - chiunque esso sia - almeno fin quando la politica estera e di sicurezza dei singoli Stati membri non verrà accentrata, com’è accaduto per le politiche di finanza pubblica e monetarie. Il pragmatismo del giovane Renzi lo ha convinto che avrebbe potuto osare. E lo ha fatto. Con la signora Merkel ha rivendicato per un italiano il ruolo di “ministro degli Esteri” europeo, nell’intento di usare la sponda comunitaria per risolversi, con estrema eleganza, un serio problema d’efficienza interna al suo Governo. Posta la premessa non è stato difficile per il giovane Premier disegnarne il profilo: donna, per assicurare anche in Europa la parità di genere, e giovane, per simboleggiare la volontà di rinnovamento generazionale di cui lui si sente l’emblema. La short list dei candidati che rispondono a questi requisiti è presto fatta: il ministro Federica Mogherini.
Così messa la cosa potrebbe sembrare financo una promozione, da Roma a Bruxelles è un gran bel salto. Come non essere felici per la giovane Mogherini? Tuttavia, la verità è altrove. Renzi si è reso conto che la sua protetta, benché fosse una persona perbene e preparata, non poteva avere, a causa della quasi nulla esperienza pregressa, la necessaria competenza per muoversi in quel mare di squali che è la politica internazionale. Nei mesi del suo ministero, l’Italia è scivolata fuori dai contesti dove si assumono le decisioni più importanti, consegnandosi a svolgere funzioni di contorno. Oggi, sapersi battere con le unghie e con i denti sul fronte internazionale significa in primo luogo difendere la dignità nazionale e, con essa, proteggere gli interessi economici e politici che l’Italia ha nel mondo, in quanto potenza industriale di primo rango. Non era compito per la pur volenterosa Mogherini. E si sono visti i risultati.
In passato noi siamo stati ferocemente critici nei riguardi del ministro Mogherini. Gli eventi ci hanno dato ragione. Ora però desideriamo augurarle ogni bene nel momento nel quale si prepara ad affrontare un’esperienza di alto valore formativo per la sua futura carriera politica. Se non vi saranno intoppi, Renzi la spunterà. Poi staremo a vedere chi intenderà piazzare al suo posto. Il nostro consiglio è che faccia valere il requisito dell’esperienza per la prossima scelta lasciando perdere le liceali. Che completino almeno gli studi prima di proporle alla guida della nazione!
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 17:02