
Convinto di avere illustrato le slides squillanti del suo monocolore - spiace per gli amici del Ncd, ma il governo del premier è una cosa del genere - ecco il coro di stalinisti, epuratori, antidemocratici, totalitari, intolleranti! Questa l'accoglienza, ancorché partigiana ma pur sempre enfatizzata, del Premier dopo il suo tour in Estremo Oriente e dintorni. Se l'era scampata dal memorial inzuppato di retorica del berlinguerismo, ma non è stato capace di prevedere la micro ribellione dei vari Mineo e, men che meno, il voto alla Camera sulla responsabilità civile dei magistrati. Per non dire del povero Giorgio Orsoni, mollato in nome della tolleranza zero. Chi tuca taca, diciamo a Milano, aggiungendo: la roeda la gira. Le cose cambiano, ecco.
Naturalmente, i quattro, meglio, i quattordici gatti di Corradino Mineo, Felice Casson, Vannino Chiti hanno le loro buone ragioni, compresa quella del diritto di avere idee diverse. Ma il punto dolente eppur dirimente della democrazia sta proprio nel fatto che ognuno ha le sue buone ragioni; ma non basta, altrimenti siamo sempre al no contest. Per superarlo c'è una sola strada: votare. E la maggioranza vince, con le sue buone ragioni che assorbono quelle degli altri. Che si adeguano. Pare che sia così fin dai tempi di Pericle. Ai tempi di Matteo Renzi, le cose non sono cambiate di molto nonostante le impennate dell'indignato eppure innocuo Giuseppe Civati. Eppure, eppure... Eppure, qualcosa si muove, qualcosa si vorrebbe intravedere nella lettura dei due episodi citati, dei quali la votazione alla camera, la seconda sul medesimo tema, indica, come il problema di una magistratura che sta dettando l'agenda da mo’ - adesso, poi, è l'agenda stessa - è ormai la questione centrale. Che nessuna impetuosità renziana potrebbe gestire senza avere chiari gli obiettivi riformatori. E i diversi perché dell’approvazione della responsabilità civile dei magistrati voluta da una Lega che sembra ogni tanto svegliarsi dal tran tran lepenistico di un Matteo Salvini saltabeccante dal Miglio secessionista alla Marina ipernazionalista.
Il fatto è che riforma elettorale e riforma della giustizia si tengono ma contengono elementi contrastanti e contradditori che riguardano, essenzialmente, il Pd. Dei quali, a decine e decine hanno fatto i franchi tiratori su quella votazione. Sulla giustizia abbiamo detto, alla luce delle cronache squisitamente giudiziarie nostrane, che l'agenda politica ed economica non sta nelle mani dell'esecutivo né tantomeno del Parlamento. La stessa decisione renziana di porre un’ottima personalità come Cantone a commissariare la già commissariata Expo, indica il ripetersi delle opzioni emergenziali per di più impossibilitate a svolgere compiti effettivi che, semmai, sono propri della magistratura nella sua autonomia (sic!). Non solo, ma aggiungere altre autorità alle già presenti, altri controlli, altre norme, altre regole, altri commi, altri assaggi servirà di nuovo a precipitarci, prima o poi, nei pantani di sempre. Carlo Nordio, che è un Pm garantista doc, docet. Ma il vero punto della votazione, sorprendente solo per i distratti, svela l'assunto di fondo della superquestione: il fatale sbilanciamento dei poteri fra politica e giustizia dopo l’irrimediabile cassazione dell’immunità parlamentare del 1993, colpendo al cuore un fondamento del dettato costituzionale, ovvero l'habeas corpus degli eletti dal popolo. Da allora la funzione, peraltro indispensabile, dei giudici si è tramutata in potere e, poi, in contropotere. E la sua narrazione dal 1992 in poi, è quella di una giustizia largamente politicizzata che lucidamente il nostro Arturo Diaconale sviscerò già da allora in un suo testo prezioso e garantista su quel Golpe mediatico giudiziario, e che oggi si aggiorna col restyling necessario del coraggioso Tribunale Dreyfus. A proposito, perché Renzi e i suoi amici - non pochi, fortunatamente, apprezzano il garantismo - non dedicano un po' di attenzione a queste tematiche garantiste, immunizzandosi dai veleni sparsi dai teorici del tintinnio delle manette? Basta un click. Dopo di che, è ovvio che dentro il Pd sarà un cammino aspro perché le catene giustizialiste nutrite da vent’anni di antiberlusconismo sono ancora pesanti. Si vedrà.
L'altra questione della riforma elettorale con tanto di ballottaggio, del senato da cambiare o da cancellare, i velleitarismi degli insorgenti alla Mineo-Civati, si fonda sul patto del Nazareno. O c’è o non c’è. Ma il problema non è solo questo. Chi come noi è convinto che una simile riforma in simil Porcellum della Camera (il Senato potrebbe, anzi dovrebbe essere abolito tout court) sarà il colpo di grazia a ciò che resta dei partiti, movimenti, aree, sensiblità, insomma, della democrazia storica italiana, non può che rivolgere una domanda, una sola, ai pattisti del Nazareno e a tutti gi altri dentro e fuori il governo: ma chi ve l'ha fatto fare? E chi ve lo fa fare, adesso? Morire combattendo è un conto. Il suicidio, è un altro. Ed è pure un reato.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:20