Il complotto e la sfida del Tribunale Dreyfus

Il Tribunale Dreyfus ha vinto la sua prima battaglia. La Procura della Repubblica di Roma ha aperto formalmente un’inchiesta sulle rivelazioni dell’ex ministro del Tesoro Usa, Tim Geithner, secondo cui alcuni funzionari della Ue avrebbero chiesto al Presidente Barack Obama di partecipare al complotto che nell’autunno del 2011 avrebbe dovuto portare alla caduta del Governo di Silvio Berlusconi in Italia.

Il Tribunale Dreyfus, con una denuncia-querela presentata dal presidente Arturo Diaconale e dall’avvocato Valter Biscotti, ha chiesto alla magistratura italiana di accertare se negli avvenimenti ricordati da Geithner siano stati compiuti alcuni reati previsti dal Codice Penale (attentato contro i diritti politici dei cittadini e violazione della Legge Anselmi sulle associazioni segrete). Il Procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, ha aperto per atto dovuto il fascicolo sull’argomento.

Ma l’avvio dell’inchiesta giudiziaria sul presunto “complotto” del 2011 è solo il primo passo di un’iniziativa che non può essere limitata al solo terreno giudiziario. In attesa di vedere se ed in quale modo i magistrati romani cercheranno di venire a capo dell’intricata faccenda, il Tribunale Dreyfus, associazione che vuole difendere i diritti e le garanzie dei cittadini, non si ferma e s’impegna a fare in modo che la verità sulle oscure vicende del 2011 venga ricercata anche sul terreno politico e mediatico. Cioè su quei terreni dove più forti sono cadute le cortine fumogene di convenienze politiche contingenti e strumentali e di inquietanti distorsioni e mistificazioni informative. Quelle cortine tese a negare che il Governo Berlusconi dell’epoca non cadde solo per la propria debolezza di fronte alla crisi interna ed internazionale, ma anche e soprattutto per una violazione della sovranità nazionale del nostro Paese, e quindi dei diritti politici degli italiani, compiuta da soggetti stranieri da identificare e da porre di fronte alle loro responsabilità.

I deputati ed i senatori interessati ad accertare una verità indispensabile non solo a dare soddisfazione a Silvio Berlusconi ma anche ad impedire che il futuro possa riservare nuove e più pesanti violazioni di sovranità nazionale ai danni dell’Italia o di qualsiasi altro Paese dell’Ue, possono cavalcare la richiesta di una Commissione d’inchiesta parlamentare. Il Tribunale Dreyfus deve invece difendere il diritto degli italiani ad essere informati correttamente secondo le regole del pluralismo democratico e deve portare la propria battaglia sul terreno mediatico per denunciare le deviazioni del conformismo strumentale ed autoritario che punta a nascondere e distorcere la verità.

Fedele alla sua natura di “Tribunale-ombra”, il Dreyfus deve quindi istruire un “processo mediatico” destinato a camminare parallelamente con l’azione della magistratura o, nel caso, ad anticiparne e sollecitarne le iniziative. Questo processo mediatico potrà sicuramente assumere la forma di un dibattito tra chi crede e chi nega l’esistenza del presunto complotto responsabile della violazione dei diritti dei cittadini. Fino ad ora la tesi dominante nei grandi media è stata quella negazionista in violazione del più elementare principio di pluralismo democratico. E favorire un bilanciamento delle opinioni non potrà che rendere più concreto il diritto all’informazione corretta dei cittadini.

Ma il processo mediatico del Tribunale Dreyfus dovrà anche raccogliere le testimonianze dei personaggi che hanno vissuto personalmente le oscure vicende del 2011. E lo farà con sedute pubbliche a cui saranno invitati a partecipare sia coloro che sanno e hanno raccontato, sia quelli che pur sapendo hanno fino ad ora taciuto. La partita per la difesa dei diritti degli italiani è appena iniziata!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:27