
È decisamente ridicolo protestare, come fanno i rappresentanti più autorevoli del Governo italiano, contro la totale indifferenza dell’Unione Europea nei confronti degli immigrati che invadono l’Italia e, al tempo stesso, minimizzare le rivelazioni dell’ex segretario al Tesoro Usa, Tim Geithner, sui “funzionari europei” che nel 2011 realizzarono un piano destinato a far dimettere Silvio Berlusconi.
Chi protesta contro l’abbandono dell’Italia da parte della Ue nella vicenda dell’immigrazione e tace sull’ingerenza della Ue nei confronti del nostro Paese compiuta al tempo della crisi dello spread, non si rende conto del nesso inseparabile che unisce i due avvenimenti. L’abbandono di oggi e l’ingerenza di ieri sono le facce di una stessa medaglia rappresentata dal fallimento dell’idea di un’Europa politicamente unita ed al trionfo del progetto di un’Europa costruita attorno all’interesse predominante ed egemone solo di alcuni Paesi su tutti gli altri.
Per rendere credibile la protesta contro la protervia con cui l’Europa scarica sull’Italia il peso dell’invasione di immigrati, sarebbe necessario contestare contemporaneamente la ferita alla sovranità italiana compiuta nel 2011 dai padroni della Ue in nome del proprio interesse a difendere l’euro e le economie egemoni dei loro Paesi. Ma Matteo Renzi ironizza sui “19 golpe che Berlusconi ha scoperto nel giro di un anno” e Angelino Alfano sa solo lamentarsi dell’indifferenza europea sull’immigrazione senza trovare un briciolo di coraggio per denunciare che quella indifferenza è la conseguenza di un’ingerenza che, a sua volta, è stata generata dal tradimento da parte della Germania e dei suoi satelliti del Nord europeo del progetto iniziale dell’Unione Europea.
La ragione di questa schizofrenia è rappresentata dall’imminenza delle elezioni europee. Renzi e Alfano temono che denunciare il complotto del 2011 possa favorire in termini di voti Berlusconi. E quindi tacciono, ironizzano, minimizzano. Senza rendersi minimamente conto, in particolare il Presidente del Consiglio, che se non difende la sovranità nazionale oggi non potrà difenderla quando l’interesse di Berlino e di Bruxelles dovesse far svanire l’attuale simpatia dei vertici europei nei suoi confronti e provocare ai suoi danni lo stesso trattamento riservato a Berlusconi.
Eppure la campagna elettorale per il Parlamento Europeo dovrebbe essere il terreno più naturale per sollevare il problema se sia giusto o meno che la strada per l’unità politica europea debba obbligatoriamente passare attraverso la rinuncia della sovranità nazionale dei Paesi mediterranei nei confronti di quelli del Nord. Quando, se non in questa fase, discutere se continuare ad accettare la predominanza di un “euro-marco” che tutela le economie forti dell’area tedesca a spese di quelle più deboli dei Paesi del Sud? Quando, se non in queste settimane, sollevare la questione se continuare ad accettare un’Europa di satelliti ruotanti attorno al sole berlinese o se invece battersi per un’Unione dove le differenze di peso non diventino servitù e dipendenze insopportabili? E quando, se non adesso, spiegare agli elettori come l’Italia intenderà comportarsi in occasione della prossima fase in cui assumerà la Presidenza della Ue?
Da marionetta compiacente nelle mani di chi può impunemente ignorare le richieste di aiuto per un’emergenza comune e calpestare la sovranità nazionale o da portavoce dell’esigenza, non solo degli europei dei Paesi del Sud ma di tutti quelli che credono effettivamente nell’unità politica del Vecchio Continente, della necessità di uscire dalla logica del IV Reich? Ma Renzi pensa al suo trenta per cento e Alfano al suo quattro. E il futuro del Paese continua ad essere oscuro!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28