Leadership del Cav: numeri della stabilità

L’ammonimento lanciato alla sinistra da Matteo Renzi a non sottovalutare Silvio Berlusconi in campagna elettorale non riguarda solo i dirigenti del Partito Democratico e delle altre formazioni dell’area progressista. Riguarda in primo luogo gli esponenti e gli elettori del centrodestra. Perché, se è vero che alle ultime elezioni il Popolo della Libertà ancora unito e senza la scissione degli alfaniani ha raggiunto il 21 per cento e se è altrettanto vero che i sondaggi di adesso attribuiscono una cifra simile a Forza Italia senza il Nuovo Centrodestra, la conclusione non può che essere solo l’invito di Renzi alla sinistra a non vendere la pelle dell’orso prima di averlo catturato. Deve essere soprattutto la presa d’atto da parte del cosiddetto popolo del centrodestra che non esiste alcuna alternativa alla leadership berlusconiana di questa area politica.

Questa presa d’atto poggia su un dato numerico difficilmente contestabile. Se alle ultime elezioni politiche il Pdl unito ha ottenuto il 21 per cento, oggi la scissione del Ncd dovrebbe portare Forza Italia ad una quota del 15 o del 16 per cento. Ma questa cifra non viene registrata dai sondaggi. Gli stessi che danno il partito di Angelino Alfano al 5 per cento rilevano che, con Berlusconi non candidato e obbligato dalle misure giudiziarie a limitare la propria partecipazione alla campagna elettorale, Forza Italia oscilla tra il 19 e il 21 per cento. Ne deriva che o gli scissionisti di Alfano sono supervalutati o che la ridiscesa in campo di Berlusconi ha consentito a Forza Italia di colmare il vuoto lasciato dal Nuovo Centrodestra e, addirittura, sempre che il 5 per cento ad Alfano sia fondato, di recuperare una parte dei consensi conquistati da Beppe Grillo alle ultime elezioni politiche.

Naturalmente solo i risultati reali delle prossime Europee potranno dare concretezza a questa valutazione. E dimostrare se la scissione di Alfano è destinata a fare la stessa fine di quella di Gianfranco Fini o se ha allargato il bacino elettorale del centrodestra. Ma già da adesso è fin troppo facile rilevare che, a meno di un risultato di Forza Italia inferiore al 15 per cento, Berlusconi continua ad essere l’unico leader del centrodestra in grado di reggere il confronto con le leadership concorrenti di Renzi e Grillo. Chi ha già sfidato o si propone di sfidare il Cavaliere per questo ruolo si scontra con questo dato di fatto. Che non poggia solo sui numeri, ma anche sulla convinzione profonda degli elettori del centrodestra. Una convinzione destinata a rimanere tale anche nel caso di un futuro passaggio di testimone da Silvio a Marina Berlusconi. Nessuno dubita, infatti, che nel caso di Primarie nel centrodestra chiunque partisse con il nome del fondatore di Forza Italia non avrebbe alcuna difficoltà a sbaragliare tutti gli altri concorrenti.

Questo significa che Alfano farebbe bene a mettersi l’anima in pace ed a rassegnarsi a rinunciare al sogno di “uccidere il padre” e conquistarne il ruolo politico? La risposta è scontata. L’attuale ministro dell’Interno non ha alcuna possibilità, anche nel caso di un superamento della quota del quattro per cento del suo partito alle elezioni europee, di scalzare e sostituire non solo il leader del centrodestra ma anche chiunque porti il suo cognome. Può, ovviamente, ambire ad avere un posto importante nel panorama politico nazionale. Ma per conquistarlo o accetta una posizione subordinata o deve uscire dall’area del centrodestra e giocare la carta dell’area centrista. Quella carta che fino ad ora ha portato al fallimento chiunque l’abbia giocata negli ultimi vent’anni!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:26