
Il “malinconico declino” di Forza Italia non poggia su dati di fatto ma su una previsione. I sondaggi di tutti gli istituti di ricerca indicano che il partito di Silvio Berlusconi continua ad avere una media di consensi leggermente superiore ai risultati ottenuti nelle ultime elezioni politiche. Forza Italia, in sostanza, è quotata tra il 22 e il 24 per cento. Ciò malgrado, alcuni sondaggisti “presumono” che la cifra potrà addirittura dimezzarsi dopo che il Cavaliere (nel linguaggio comune rimane tale) sarà costretto dalla Legge Severino a non candidarsi alle Europee e dal Tribunale di Milano a seguire, dagli arresti domiciliari o dai servizi sociali, la campagna elettorale che si concluderà con il voto del 25 maggio.
Questa previsione dei sondaggisti, che già in passato hanno piegato i pronostici alle loro convinzioni politiche di sinistra, è sostanzialmente avallata dagli opinionisti dei grandi media. Costoro, a dispetto delle esperienze del passato, si affrettano ad appoggiarsi ai numeri e rilevamenti presunti per celebrare in largo anticipo il funerale politico del maggiore partito del centrodestra e del suo leader.
Tanta fretta nel consegnare agli archivi della storia un personaggio ed una forza politica ancora presente sulla scena pubblica italiana non è solo il riflesso di quell’antiberlusconismo viscerale che ha contrassegnato gli ultimi vent’anni. Rappresenta anche la conseguenza della convinzione che l’eliminazione per via giudiziaria del nemico si sia ormai compiuta. E che, a differenza di un passato in cui Berlusconi è riuscito a risorgere dopo i molteplici De profundis prematuramente intonati in occasione di ogni sua presunta scomparsa, la sanzione penale sia destinata a cancellarne senza possibilità di deroga il ruolo politico. Di qui il polverone di ipotesi su chi (un figlio o i notabili del partito) possa succedere al leader defunto di un partito comunque destinato all’estinzione.
È fondata la previsione del declino e ha un senso il polverone sulla successione del Cavaliere? Negare le difficoltà provocate dai risultati della persecuzione giudiziaria sarebbe sciocco. I sondaggi indicano che Forza Italia tiene, ma il problema di cosa avverrà dopo che il Tribunale di Milano avrà deciso se porre Berlusconi agli arresti domiciliari o consegnarlo ai servizi sociali esiste. Ed è ragionevole affrontarlo tenendo però conto non solo delle previsioni catastrofiche, ma anche della circostanza indubitabile che gli effetti delle sentenze non cancellano i ruoli politici.
Che Berlusconi questo ruolo continui a conservarlo lo confermano proprio quanti ipotizzano un crollo di Forza Italia senza la candidatura del proprio leader. Ma se il ruolo continua a sussistere, perché porsi il problema di una successione ingiustificata e prematura e non chiedersi, al contrario, se una volta definita la questione delle liste di Forza Italia non sia possibile guidare una campagna elettorale anche dagli arresti domiciliari o dai servizi sociali?
I nemici di Berlusconi hanno tutto il diritto di pensare che gli elettori del centrodestra si distribuiranno tra Renzi e Grillo per la mancata presenza nella lista di Forza Italia del nome del proprio leader. Ma, a parte che la lista dovrebbe comunque avere il marchio Berlusconi tenuto negli ultimi vent’anni, come escludere l’eventualità che il Cavaliere non riesca a trovare il modo di partecipare comunque alla campagna elettorale pur nei limiti imposti dalle prossime decisioni del Tribunale di Milano? I domiciliari o i servizi sociali non sono e non possono diventare un 41 bis, cioè la norma creata appositamente per impedire ai reclusi di comunicare all’esterno. E una campagna elettorale condotta indossando le vesti del convitato di pietra, simbolo della persecuzione giudiziaria e della malagiustizia, rappresenterebbe un inedito assoluto in uno scenario politico già contrassegnato in passato da altre clamorose rinascite del leader di Forza Italia.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:27