Il jingle: “Siam tre piccoli porcellin...”

Come si chiamano a Roma quei trucidi, smandrappati? Ah già, i coatti. Che, volando alto, potrebbero indicare anche coloro i quali co-agiscono o sono coatti; costretti, per dire, a ripetere, a rifare. Nel nostro caso sono i tre porcellini, quelli della canzone disneyana che il genio di Giuliano Ferrara parodiava l’altra sera con un cappello di carta in testa.

Siam tre piccoli porcellin è la canzoncina che ben si addice alla “Triplice intesa/alleanza” di Renzi, Alfano, Berlusconi costretti, chi gli uni chi gli altri, a ripetere alla Camera e al Senato (da sciogliere) lo stesso accordo del Nazareno. Un accordo di ferro, come tutti gli accordi politici degni di questo nome. Degni? Mica tanto. Anzi. E vediamo perché. Intanto per la coazione: cioè ripetere le stesse illegittimità del “Porcellum”. Difatti: non ci hanno detto e stradetto fino alla noia, in questi due o tre anni, che era una vergogna che l’elettore non potesse scegliere il proprio parlamentare che, invece, era diventato un semplice nominato/a dal padre-padrone del partito? Un Parlamento di nominati, non di eletti. Voluti dalla Casta e di essa i rappresentanti più indegni, più corrotti. Una politica che, in tal modo, aveva allontanato la gente dalle istituzioni di cui si era appropriata. Una Camera di impresentabili! Di servi/e! Vergogna!

E ci ha pensato la Corte Costituzionale a togliere di mezzo gli imbarazzanti nominati della Casta, imponendo le preferenze e abbattendo un premio di maggioranza che sfalsa ogni risultato reale. La Corte ha punito, sia pure con un tantinello di ritardo, le scelte sciagurate. Intanto era arrivato Grillo che ha fatto il pieno di voti alla faccia del Porcellum bipolare o bipartitico, schiaffeggiando la Casta e i suoi accoliti. Che, tremuli e pentiti, assicurano di rimediare. Riprende il film, con gli sconfitti al seguito del Buon Pastore del Colle che, supplicato, li ha tolti un po’ dagli impicci: “Ma, mi raccomando, fate le riforme, altrimenti… Altrimenti arriva, anzi è arrivata la Suprema Corte che ha fatto zac! Dopodiché, i bravi reform willings, dopo l’incidente di percorso della Cassazione, si sono messi d’accordo al Nazareno, col sottofondo del jingle: siam due piccoli porcellin (in attesa del terzo). Con l’impetuoso e adrenalinico Renzi sottobraccio all’antico nemico ora amico, quasi padre, comunque padre costituente Berlusconi: basta errori, basta vergogne, basta gli impresentabili della Casta, vedrete che bella riforma elettorale. E infatti. Infatti la nuova legge dell’accordo di ferro, ripete quasi esattamente le usanze, gli stili inconfondibili del Porcellum, proprio come nella coazione a ripetere: niente preferenze, ancora premio di maggioranza, partiti che solo col 20%, purché abbiano qualche alleatino, ma non eletto, possono ottenere non solo la maggioranza ma un premio di maggioranza. E vai! Un po’ come la legge Acerbo, ma in peggio. E al Senato? Boh, tanto va sciolto. Ma stavamo dimenticando il terzo dei porcellini: Alfano.

L’avevamo lasciato a strepitare contro l’assenza di preferenze, a rivendicare la sua linearità, la sua coerenza, le lacerazioni di una sofferta scissione, minacciando fuoco e fiamme: al Senato. Che va sciolto, vivaddio. Intanto, canteranno: siam tre piccoli porcellin... Ah, il jingle immortale!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:19