Ucraina: l’insostenibile leggerezza di Renzi

Dopo giorni di demagogia da quattro soldi è ricominciata l’asta per aggiudicarsi l’Ucraina. A fronte di un’iniziale incertezza, l’Unione Europea ha ripreso coraggio e si è dichiarata pronta a rilanciare la sua offerta. L’Ue sarebbe disposta a offrire al nuovo governo ucraino un pacchetto urgente di aiuti economici da 11 miliardi di euro, nonché l’immediata abolizione unilaterale dei dazi, con un risparmio secco annuale stimato in 500 milioni per i prodotti industriali e 400 milioni per quelli agricoli. Sul tavolo c’è anche l’estensione di fatto degli Accordi di Schengen ai cittadini ucraini in materia di liberalizzazione dei visti di circolazione e, inoltre, la possibilità di ricanalizzare al Paese ex sovietico parte del flusso di gas proveniente in Europa attraverso le linee del gasdotto slovacco

. È l’epifania per il popolo ucraino, risvegliato, a sentire il politically correct, dal lungo sonno della ragione. E gli epifani, non nel senso di Guglielmo, sarebbero i leader europei che si manifestano ai bisognosi cittadini ucraini con i doni della divina provvidenza occidentale, allo stesso modo dei magi che non si presentarono a mani vuote a Betlemme. Piccolo trascurabile particolare: chi la paga questa bella epifania? Come si pensa di ripartire il carico di un esborso da 11 miliardi di euro per pronta cassa? Si fa alla romana? Chissà perché si avverte puzza di fregatura per l’ininfluente Italia. Al solito i nostri governanti, e questi ultimi non fanno eccezione, non hanno nulla da dire che non siano le solite banalità da sala d’attesa dal parrucchiere. Se ne ha prova.

In queste ultime ore si sono susseguiti incontri decisivi a livello internazionale. È ragionevole credere che quei luoghi fossero i più appropriati per far emergere un diverso punto di vista che tenesse conto anche della situazione politico-economica in cui sono costretti a vivere i Paesi della fascia meridionale della Ue a causa delle rigidità di bilancio imposte dai vertici di Bruxelles. Non c’è bisogno di sprecare tempo per ricordare di quanto l’Italia, e non solo, sia stata messa nei guai per obbedire alle scelte di austerity imposte dal blocco dei Paesi del Nord. E adesso? Parte della nostra popolazione è alla fame e l’Europa che fa? È pronta a buttare dalla finestra un mare di denaro pur di realizzare l’antico sogno pangermanico di assorbire l’Ucraina. Cos’altro era la teoria dello “spazio vitale”, se non l’espansione verso Est della sfera d’influenza di un’Europa germanizzata? Se la memoria non inganna pare che i tedeschi la chiamassero “Lebensraum”. Allora, per favore, ci si risparmi la cavolata dei diritti umani, e gli alti lai sulla democrazia stuprata e altre amenità di ugual genere.

Come sempre noi italiani abbiamo la memoria corta. Lo abbiamo dimenticato quanto ci sia costato caro, in passato, andar dietro alle deliranti teorie dell’allargamento a Est e del ricongiungimento alla Turchia e alla regione petrolifera mediorientale attraverso la via del Caucaso? Dopo l’Ucraina che si fa? Si torna di nuovo a lusingare la Georgia, come nel 2008? O si va a metter becco in Daghestan o in Inguscezia, per vedere se anche lì si sentono un po’ europei, giusto quel tanto per andare a “liberarli”?

Sarebbe stato, quindi, il momento giusto per la delegazione italiana di dire qualcosa. Invece non si rilevano segni di vita apprezzabili dalle parti della Farnesina e neppure da quelle di Palazzo Chigi. Soltanto ieri l’altro la ministra Federica Mogherini, una cara ragazza, si è presentata all’audizione parlamentare davanti alle Commisioni Esteri riunite di Camera e Senato, per relazionare sulla crisi ucraina e rappresentare le iniziative del Governo italiano. Che sconforto! L’unico aggettivo che viene in mente per qualificare l’intervento della ministra è: desolante. Non siamo gli unici a pensarlo. Financo un vecchio corsaro della politica qual è Pier Ferdinando Casini, per tirarsi fuori dall’impaccio di una situazione imbarazzante, al termine dell’intervento della Mogherini ha esclamato: “La posizione del Governo italiano non sarà scoppiettante, ma almeno è saggia”. Come a dire: non combiniamo niente e, forse, meglio così, almeno non si fa pasticci.

Ma cosa ha detto la ministra? La sua relazione, durata pochi minuti, si è limitata a esporre ciò che in sede europea si sta facendo per fronteggiare la crisi. La Mogherini ha detto che le principali preoccupazioni condivise dai Paesi Ue sono rappresentate dal rischio di un’escalation militare che conduca alla divisione territoriale dell’Ucraina e poi dal ritorno ai toni da “guerra fredda”. Per la ministra la situazione è “fluida” (tradotto: non so dirvi da qui alle prossime ore cosa accadrà) per cui null’altro ha potuto aggiungere se non che resta l’obiettivo di tenere aperte le strade del dialogo per scongiurare l’opzione militare. Gli strumenti sarebbero quelli delle rete di contatti attiva tra ministri degli Esteri dell’Ue, impegnati in uno sforzo di rilancio del multilateralismo. Punto. Nient’altro. Neanche una parola sul piano di aiuti che nel frattempo a Bruxelles, a Berlino, a Parigi e pure a Varsavia, si stava mettendo a punto per rilanciare l’offerta d’acquisto. Neanche una parola su chi avrebbe messo cosa in questa impresa.

Signora ministro, ci domandiamo, non sarebbe stato utile presentare al Parlamento una valutazione d’impatto economico-strategico dell’intervento Ue in Ucraina sulla situazione italiana? Il fatto è che non lo sappiamo, vero ministro? A questo punto ci chiediamo se a qualcuno a Bruxelles interessi il punto di vista italiano o se sia ampiamente scontato che l’Italia, come l’intendenza dell’armata di Napoleone… seguirà! Nel nostro immediato orizzonte si palesa un altro grave pericolo. Da parte statunitense sta montando la marea anti-russa. L’amministrazione di Obama negli ultimi due anni ha raccolto solo disastri dando a Putin lo spazio sufficiente per proporsi come unico leader globale in grado di garantire stabilità e sicurezza sullo scacchiere internazionale. Oggi il leader statunitense potrebbe essere alla ricerca di un’occasione di rivalsa rispetto al nemico di sempre. Questo spiegherebbe un innalzamento eccessivo dei toni della polemica. Anche l’esperta Hillary Clinton si è lasciata andare a un commento sconcertante, assimilando Putin a l’Hitler del ‘38. È noto che gli Stati Uniti stiano spingendo per isolare economicamente il gigante russo. Lo vorrebbero fuori dal G8. Su questa ulteriore idiozia made in Washington la compagine europea rischia di spaccarsi. Per ora l’Italia, mettendosi a ruota della Germania, ha saputo dire di no. Tuttavia, in queste ore a Roma è presente il segretario di Stato Kerry per la conferenza sulla Libia. Pensate che si lascerà scappare l’occasione di parlare con la giovane ministra Mogherini di quanto Obama e soci apprezzerebbero dal “Fonzie di Ponte Vecchio” un cambiamento radicale di posizione? E la ministra cosa risponderà? Un tempo c’erano i misteri di Fatima, ora accontentiamoci di quelli di Federica (Mogherini).

P.S.: mentre chiudiamo l’articolo apprendiamo dalle agenzie che, a margine della conferenza internazionale sulla Libia in corso in queste ore alla Farnesina, si sono incontrati i responsabili della politica estera di Stati Uniti e Russia, John Kerry e Serghej Lavrov. L’argomento di questo faccia-a-faccia romano è la crisi ucraina. Ottimo segnale, per la comunità internazionale, che i rappresentanti delle massime potenze mondiali si parlino. È chiaro a tutti che soltanto attraverso la via negoziale si potrà uscire dalla crisi innescata dai fatti di Kiev. Ora bisogna sperare che si faccia presto perché, a dispetto della prudenza dei “grandi”, sul terreno, le parti in conflitto continuano ad assumere comportamenti che allontano la pace invece di avvicinarla. È di queste ore la decisione del Parlamento della Crimea di chiedere l’adesione della regione alla Russia. Nella medesima seduta, è stata confermata la data del prossimo 16 marzo per lo svolgimento del referendum che proporrà ai cittadini di Crimea l’alternativa se tornare alla Costituzione del 1992 o aderire in via devinitiva alla Federazione Russa. Attendiamoci adesso la reazione di Kiev, che non sarà lieve e neppure accomodante.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:22