Cervelloni e farisei della Patrimoniale

Nel corso di “Coffee Break”, talk mattiniero di orientamento iper-statalista condotto da Tiziana Panella, Vittorio Zucconi ha espresso una stupefacente perorazione per un’eventuale patrimoniale realizzata dal Governo Renzi. Egli, sulla base di una trita impostazione keynesiana, ha addirittura sostenuto che nell’attuale frangente economico un simile provvedimento avrebbe un forte connotato capitalistico, in quanto le somme rastrellate dagli averi dei più ricchi servirebbero ad aumentare i consumi dei più poveri, secondo l’altro dogma della redistribuzione perfetta realizzata dallo Stato. Ciò, in ultima analisi, rimetterebbe in moto l’economia, beneficiando di conseguenza gli stessi ricchi.

Dunque, secondo questo cervellone (al pari della stragrande maggioranza dei suoi colleghi dell’informazione), non c’è altra strada per la ripresa al di fuori di nuove tasse e ulteriori spese pubbliche. Tutta gente che crede, o finge di farlo per puro opportunismo, nella superiorità in economia delle scelte politico-burocratiche rispetto a quelle che compie la cosiddetta mano invisibile del mercato. Ma a parte ciò, questo continuo chiedere patrimoniali come se si trattasse di un’opzione ancora sulla carta è quanto meno surreale.

Lo è principalmente per un fatto: in Italia la lista delle imposte patrimoniali, incluse quelle occulte, è attualmente assai lunga, checché ne dicano i sinistri sacerdoti dell’informazione tassaiola alla Zucconi. Se per patrimoniale intendiamo un prelievo tributario imposto dalla mano pubblica solo per il possesso o la detenzione di un bene, innumerevoli sono gli esborsi a carico della collettività. Dagli autoveicoli, ai natanti, agli aeromobili e agli immobili di qualunque natura, passando per il risparmio investito (colpito duramente negli ultimi tempi, tanto da provocare una fuga in massa dei nostri investitori), non c’è praticamente nulla che sfugge a questa odiosa forma di imposizione fiscale. Persino il possesso di un televisore, modificando ad arte la norma, è soggetto al pagamento di un canone che di fatto rappresenta una patrimoniale. Le stesse tasse per la raccolta dei rifiuti le quali, pur cambiando nome ogni anno, colpiscono da sempre e in modo crescente il possesso di un negozio o di una abitazione, a prescindere dall’immondizia realmente prodotta.

Ebbene, se fosse vero l’assioma zucconiano, già con tutte queste patrimoniali da redistribuire lo Stato avrebbe dovuto determinare uno sviluppo vertiginoso della nostra economia. Ma le cose, ahinoi, non stanno affatto in questi termini, visto che mentre il prelievo fiscale allargato continua a crescere, l’attività economica langue disperatamente. E tutto questo per due semplici motivi: a) la redistribuzione forzosa delle risorse operata dalla mano pubblica deprime sostanzialmente lo sviluppo spontaneo del mercato, impedendo una efficiente allocazione delle risorse medesime; b) l’eccesso di tassazione, soprattutto quando colpisce la proprietà inerte, scoraggia ogni forma di investimento economico, gettando le basi per una futura e generalizzata povertà.

Chi invoca a vanvera patrimoniali, all’interno di un sistema in cui la politica spende a spande il 55% della ricchezza prodotta, sembra francamente non sapere di cosa parli.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:23