
Nessuno dubita che alla fine Matteo Renzi riesca a mettere in piedi il prossimo Governo. Perché le resistenze di Angelino Alfano sono solo un tentativo scontato di alzare il prezzo e di marcare un’identità che senza neppure questo abbozzo di trattativa sarebbero l’uno inesistente e l’altra spazzata via. Ma è troppa la paura del segretario del Nuovo Centrodestra di andare al voto ed essere asfaltato dagli elettori della sua area. Ed è quindi facile presumere che la trattativa si concluderà positivamente e anche in tempi brevi. Lo stesso vale per l’altra resistenza, quella della parte della sinistra interna rappresentata da Civati. Che sembra destinata ad avere lo stesso esito di quella di Alfano. Poiché le sole ambizioni del giovane Pippo, almeno in questa fase, sono di mostrare la propria esistenza e di strappare al titubante Cuperlo la leadership dell’opposizione all’attuale segretario.
Certo, se Alfano avesse coraggio renderebbe impossibile a Renzi l’impresa di formare il Governo e andrebbe alle elezioni anticipate con i titoli ed i meriti giusti per strappare a Berlusconi il ruolo di unica alternativa alla sinistra ed i voti della maggioranza degli elettori di centrodestra. Ma il coraggio chi non ce l’ha non se lo può dare. E con la scusa che nel Governo non entrerà Sel, il Nuovo Centrodestra si accontenterà di un paio di poltrone marginali pur di scongiurare la iattura del voto anticipato. Lo stesso esito, ma per diverse motivazioni, vale per Civati. Per diventare il leader dell’opposizione interna del Partito Democratico, il giovane antagonista di Cuperlo ha bisogno di un Governo a guida Renzi da incalzare e da contestare fino ma non oltre il limite della rottura. Per cui logica vuole che il segretario del Pd riesca ad installarsi a Palazzo Chigi senza eccessivi problemi.
La sua, però, non è una marcia trionfale. Ad offuscare l’immagine di supereroe e ad alimentare il sospetto che il cammino di Renzi sarà comunque impervio, gioca un fenomeno che nessuno aveva messo in conto: la difficoltà che il prossimo Presidente del Consiglio sta incontrando nel trovare personaggi nuovi e di spicco da inserire nel Governo. Lo scrittore Alessandro Baricco ha rifiutato il ministero della Cultura. Andrea Guerra, l’amministratore delegato di Luxottica, si è sfilato. Lo stesso hanno fatto Oscar Farinetti, l’artefice di Eataly, Romano Prodi, Diego Della Valle, Gino Strada e forse anche Luca Cordero di Montezemolo. Ognuno ha tirato in ballo motivazioni diverse per il proprio rifiuto. Ma il complesso dei “no” ha dato l’impressione che sull’impresa di Renzi aleggi un certo grado di scetticismo, anche da parte dei suoi più accesi sostenitori e simpatizzanti della cosiddetta società civile. Questo alone di perplessità, di dubbio, di incertezza costituisce un elemento di debolezza che non era stato minimamente considerato, ma che può diventare il vero punto debole della compagine governativa in formazione.
Può essere che con il suo indiscusso vitalismo Renzi riesca a cancellare quest’ombra oscura. E a trovare altri nomi di personaggi illustri con cui fare gli effetti speciali. Ma intanto la sua energia è impegnata a convincere Alfano, a piegare Civati, a trattare con Monti che vuole tornare in Europa e Scelta Civica che vuole un posto di riguardo nel Governo. E se tanta fatica lo porterà a dare vita ad un Esecutivo con i Lupi, le Lorenzin, i Nencini, le Giannini oltre ad Alfano e ad Epifani, tutti dovranno convenire che sarà partito con il piede sbagliato.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:28