
Letta e Renzi, una tradizione che si rinnova. Quella dei duelli interminabili tra gli aspiranti leader unici del partito che ha le sue radici principali nella storia del comunismo italiano e quelle secondarie nella storia delle correnti di sinistra democristiane. Insomma, Letta e Renzi come Gramsci e Bordiga, come Togliatti e Secchia, come Ingrao e Amedola e, tanto per tornare agli ultimi vent’anni, come D’Alema e Veltroni. Ma anche come tra i “cavalli di razza” della sinistra della Dc Moro e Fanfani o De Mita e Donat-Cattin.
Sapere che il duello tra Renzi e Letta ha precedenti storici è sicuramente importante. Ma mettere in chiaro che questo duello e tutti i suoi esempi e modelli del passato rappresenta da sempre un’autentica iattura per il Paese lo è molto di più. Le competizioni personali all’interno della sinistra italiana hanno inciso pesantemente sulla storia dello stato unitario almeno fino alla caduta della Seconda Repubblica. Ma da quando questa stessa sinistra è diventata non solo forza egemone nella cultura ma anche forza di Governo nel sistema bipolare degli ultimi due decenni, le sue competizioni interne sono diventate la causa principale dell’instabilità politica nazionale.
Può sembrare paradossale che la “stabilità” diventata l’ossessione costante di un Presidente della Repubblica che viene dalla storia di questa sinistra sia messa costantemente in discussione ed in bilico dalla sinistra stessa. Ma tant’è. Tutti i Governi di sinistra nati durante la Seconda Repubblica sono stati messi in crisi, a dispetto di quanto possa pensare la Procura di Napoli, dalla propria inguaribile tendenza al frazionismo e alle lacerazioni interne. E oggi che, grazie ad un Capo dello Stato post-comunista che ha imposto una stabilità incentrata sul partito di provenienza, è proprio il solito duello tra i due principali leader di questo partito che minaccia la stabilità tanto cara a Napolitano.
Il paradosso è aggravato da una circostanza ulteriore. Mai come in questa fase politica il controllo delle istituzioni e del Governo risulta essere nelle mani del Partito Democratico. Napolitano è l’espressione della “vecchia guardia” del Pd. E il Presidente del Senato Grasso e la Presidente della Camera Boldrini sono gli esponenti della “giovane guardia” dello stesso partito. Enrico Letta, a sua volta, oltre ad essere diventato Presidente del Consiglio in quanto vicesegretario del Pd, guida un Governo per l’ottanta per cento formato da uomini e donne di una sinistra diventata mai come adesso onnipotente e onnipresente. Se dunque chi controlla i vertici istituzionali, il Governo e, a cascata, tutti i principali gangli istituzionali, burocratici e politici del Paese non è in grado di mantenere stabile il quadro politico, non può prendersela con nessuno al di fuori di se stesso.
Insomma, se il Paese non riesce ad uscire dalla crisi e viene paralizzato dal solito duello tra i leader del momento, la responsabilità è tutta di una sinistra che pur avendo conquistato tutto non sa gestire niente. Renzi, che tende a mantenersi distinto e distante dal Governo e anche dai vertici istituzionali, sembra aver capito il pericolo che questa situazione comporta. Napolitano e Letta no. Ma se gli italiani si rendono finalmente conto che alla radice dei loro problemi c’è solo una sinistra inadeguata e superata, alle prossime elezioni se ne vedranno delle belle!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:27