
Intanto va subito detto che la notizia dell’arrivo (approdo, rientro, ritorno del figliol prodigo, ecc.) di Pierferdinando Casini nell’area o famiglia di Forza Italia, andrebbe salutato con un certo sollievo non tanto o non soltanto - lo vedremo fra poco - come un tentativo di allargamento di quell’area, quanto soprattutto per un certo refolo d’aria serena, una sorta di vento tranquillo e di civile discussione. In un momento in cui spirano forti e turpi, densi di pericolo, le tempeste verbali, le minacce, gli sproloqui e le velleità squadriste di quel mondo grillino sul quale per tanto, troppo tempo, ha indugiato con compiacenza un certo Paese mediatico e politico.
È quell’aria antica di una Dc scomparsa, certo, ma che come una stella morta irradia ancora quel senso di forbita eleganza anche nello scontro più acceso, di felpato ancorché furbo (lo chiamano infatti “Pierfurby”) procedere che ha contrassegnato e, diciamolo, dovrebbe ancora e sempre contrassegnare la vita politica. Che è precipitata nell’arco di vent’anni, a cominciare dalle indimenticabili e imperdonabili, volgari cadute di stile della fu Lega, in un’inquietante deriva linguistica. Che la banda di Grillo/ Casaleggio ha privilegiato, fin dal suo apparire con quel “vaffa” gridato pubblicamente e col quale, in verità, ha saputo cogliere un successo spropositato. Al punto da costituire un grosso Terzo Polo, distruggendo contemporaneamente le velleità di un Bersani sicuro di vincere e le velleità dello stesso Casini che, col sopravvalutato loden di Monti, e mettendoci la faccia, aveva puntato tutto su quel Terzo Polo.
La logica della politica, che si sta riprendendo dopo lo choc grillino dimostratosi un moloch tanto sfascistico quanto improduttivo, tendente più a impedire che a realizzare, più a insultare Napolitano, Boldrini, Letta, Renzi, che a confrontarsi su leggi e programmi, produce ora una sorta di curvatura, un’inedita configurazione, costringendo movimenti e soggetti politici a ricercare un minimo comun denominatore. È in dirittura di arrivo la nuova legge elettorale utile alla bisogna. E che, sotto l’impulso di un irruento Renzi, nei panni del rinnovatore che ha trovato nel Cavaliere un interlocutore, buttando alle ortiche un ventennio di odio antiberlusconiano che ha fatto da unico collante ad una sinistra perdente, costituirà un deterrente decisivo sia nei confronti dei grillini che di tutti i willings dei partiti minori che vogliono fin da ora collocarsi nelle aree per così dire utili della riforma.
In questo senso il rientro di Casini è da valutare con attenzione. Innanzitutto perché la scelta è politica, come lo fu quando si allontanò dal predellino berlusconiano i cui intenti non erano più bipolari ma bipartitici, e riuscì, allora, a conservare un consistente gruppo autonomo dal quale, tuttavia, non sono mai giunte accuse da gossip e critiche distruttive. Dopo il flop montiano, la scelta casiniana ha seguito gli stessi percorsi mano a mano che le grandi intese si affermavano, per poi subito afflosciarsi per la condanna della Cassazione e una scissione che, da qualsiasi parte la si osservi, ha comunque consentito il proseguimento di una legislatura a rischio. Perciò Alfano ha salutato con soddisfazione l’arrivo di Casini che annuncia, a sua volta, nuovi arrivi tipo Mauro (ovvero dei popolari), in un tentativo di rendere consistente e ampia un’area politica altrimenti orfana.
Certo, non mancano le voci dei puri e duri che si alzano criticando il “casinismo” di ritorno, dentro una FI che vive una complessa fase di ristrutturazione, vedi Toti e i club, ma non solo. Ma non va dimenticato che pochissimi giorni fa uno dei consiglieri e degli amici più vicini e ascoltati dal Cavaliere, Fedele “Fidel” Confalonieri, sul Corriere della Sera aveva difeso il nuovo assetto con Toti ma aveva giudicato con grande simpatia e comprensione lo scissionista Alfano, considerato comunque amico di FI e di Berlusconi, e implicitamente ammettendo che alle origini di quella scissione, più che il Cavaliere, c’erano i puri e i duri che mal sopportano gli Alfano di prima e i Casini di adesso. Guarda caso, proprio ieri è uscito sempre sul “Corriere” un sondaggio dell’autorevole Pagnoncelli che dà il “plurale” centrodestra al 37 per cento. E non è un caso che lo stesso Cavaliere ancora oggi dia pubblicamente il benvenuto a Casini, in una sorta di abbraccio per così dire filiale. Il Cavaliere, che come ogni leader vero ha voglia di vincere, ha detto che con Casini si vince. E ha detto tutto.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:21