Fiat, Electrolux e il “Sistema Italia”

Il problema non è la Fiat che perde definitivamente la sua caratteristica nazionale e assume, altrettanto definitivamente, quella di una multinazionale. Il problema è il “Sistema Italia” che costringe le aziende a delocalizzarsi recidendo le radici che hanno nel Paese e spostandosi dove vi sono condizioni migliori per la loro sopravvivenza e per il loro futuro. Il caso Fiat, ormai Fca (Fiat Chrysler Automobiles, la sigla a suono rimarrà comunque familiare agli italiani), è spiegato perfettamente dal caso Electrolux.

Il gruppo svedese proprietario dell’azienda è pronto a chiudere almeno una delle due fabbriche italiane. E pone come condizione di un suo eventuale ripensamento il taglio di quasi il cinquanta per cento delle retribuzioni dei dipendenti, per portare il livello del costo del lavoro delle fabbriche italiane a quello delle fabbriche polacche. La forzatura degli svedesi è fin troppo evidente. Sembra far pensare che la causa della fuga delle aziende dall’Italia, Fiat in testa, sia l’alto costo del lavoro. E importa nel nostro Paese una ricetta, quella del taglio drastico degli stipendi in cambio del mantenimento dell’occupazione, che viene già sperimentata in altri Paesi. Ma il problema non è l’alto costo del lavoro.

Il problema continua ad essere quel “Sistema Italia” che è la ragione principale di quella lievitazione delle retribuzioni che rende le aziende italiane incapaci di competere con quelle poste fuori dei confini nazionali e le costringe ad una sorta di emigrazione di massa alla ricerca di condizioni più favorevoli. L’Electrolux, in sostanza, si comporta come la Fiat. E come tutte le altre aziende che chiudono le fabbriche in Italia per riaprirle dove vi è la possibilità di tornare competitivi sul mercato. E, come è già successo con la Fiat, è perfettamente inutile che le forze sindacali si battano per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali e retributivi.

Cioè portino avanti una battaglia che sarà pure di principio ma che è persa in partenza. Molto più utile sarebbe se, come non hanno fatto con Fiat, usassero il caso Electrolux per affrontare il problema del “Sistema Italia” pretendendo dal Governo e dalle forze politiche le misure necessarie per eliminare le distorsioni che lo rendono la causa principale della desertificazione industriale del Paese. Ridurre il costo del lavoro è possibile. Ma solo a condizione che il peso e costo dell’operazione non ricadano sui lavoratori. E questa condizione diventa realizzabile solo se lo Stato riduce drasticamente il carico fiscale sulle aziende e sui loro dipendenti.

La questione non è solo del cosiddetto “cuneo” fiscale. È molto più ampia. Perché non può bastare la riduzione di un qualche punto della pressione fiscale sulle retribuzioni e sull’attività delle aziende. È indispensabile una manovra molto più forte ed incisiva che riporti il nostro Paese ad essere competitivo con quelli dove s’indirizza l’emigrazione industriale. E per finanziarla non c’è altra strada che il dimagrimento drastico dello Stato burocratico-assistenziale. Cioè del responsabile del fallimento del “Sistema Italia” e del conseguente declino dell’intera società italiana.

Nel momento in cui sembra partire un serio processo di riforme sarebbe opportuno puntare in alto. Perché abolire solo il Senato, le Province, il Cnel e limitarsi a rivedere le competenze tra Stato e Regioni? Perché non puntare direttamente ad una grande riforma delle autonomie che elimini le Regioni e realizzi l’autonomismo municipale indirizzando tutte le risorse ottenute per il taglio della pressione fiscale sui lavoratori e sulle aziende? I sindacati farebbero bene a comprendere che su questo terreno non si gioca solo la sopravvivenza del sistema industriale, ma anche il loro futuro!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:27