Letta e il Governo del “vuoto a perdere”

Uno dei meriti riconosciuti ad Enrico Letta è di rappresentare con dignità ed efficacia il nostro Paese all’estero. Il Presidente del Consiglio parla benissimo le lingue, si presenta con sobrietà ed eleganza, conversa con amabile competenza, non alza mai il tono della voce ma non esita a farsi sentire quando c’è da difendere il ruolo e le scelte del nostro Paese.

Fino a quando alle spalle aveva un Governo formato da larghe intese, cioè da una coalizione molto ampia e rappresentativa, poteva far valere sui suoi interlocutori non solo le sue caratteristiche personali ma anche la forza assicuratagli dal sostegno politico di cui godeva in Italia. Quando le larghe intese si sono ridotte, ha bilanciato la riduzione della forza politica interna con la rivendicazione del merito di aver estromesso dal Governo e contribuito ad espellere dal Parlamento il leader del centrodestra, Silvio Berlusconi, su cui si appuntano fuori del nostro Paese ogni genere di pregiudizio, a partire da quelli dell’antitalianismo più stereotipato.

Ma adesso il problema di Enrico Letta è che nei suoi impegni internazionali rappresenta solo se stesso. È formalmente sempre il titolare del Governo italiano, ma i suoi interlocutori non possono non sapere di avere di fronte un Premier dimezzato, che rappresenta formalmente l’Italia ma è l’espressione di un Governo inesistente. Oggi alla Commissione Europea il nostro Presidente del Consiglio presenta l’Expò 2015 ed anticipa le direttrici che l’Italia intenderà seguire durante i sei mesi di presidenza dell’Unione. Ma lo fa sapendo benissimo che ad ascoltarlo ci sono persone assolutamente consapevoli che ben difficilmente sarà Enrico Letta ad inaugurare l’Expò del 2015 e che altrettanto difficilmente sarà lo stesso Letta e guidare l’Unione durante il semestre italiano.

Per la semplice ragione che il Governo da lui rappresentato è finito ormai da parecchie settimane in uno stato comatoso da cui non sembra in grado di poter minimamente uscire. Si dirà che i governanti stranieri sono abituati alla precarietà fisiologica dei governi italiani. Ma la considerazione è vera solo in parte. Perché il problema dell’attuale Esecutivo non è la sua precarietà, ma la sua sostanziale inesistenza. Una inesistenza che non si manifesta solo con la perdita di ministri o viceministri come De Girolamo o Fassina, con la delegittimazione per fuoco amico di Zanonato o con la paralisi da attacchi continui in cui si trovano la Cancellieri e gran parte degli altri componenti dell’Esecutivo.

Ma si mostra in tutta la sua gravità nell’inazione totale che sembra essere diventata il tratto caratterizzante di un Esecutivo che non può fare nulla perché non ha più nessuno alle sue spalle. Gli amici di Enrico Letta attribuiscono la colpa di questa condizione da “vuoto a perdere” a Matteo Renzi e alla sua intesa con Silvio Berlusconi sulle riforme. Il ché è sicuramente vero. Ma non per un fatto personale, ma per una ragione politica che il Presidente del Consiglio non vuole ancora recepire. Cioè che il Governo delle piccole intese non è adeguato ad un programma di grandi riforme. E che se non è in grado di ricambiare formula e tornare alle larghe intese non deve fare altro che uscire di scena. Con la stessa dignità che Letta mette in mostra a Bruxelles!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:29