La ministra e il clima da ultima spiaggia

Una ministra che si dimette - non perché colpevole (fino ad ora) ma perché non difesa dai “suoi” - appartiene al clima infausto di questi Governi, di quest’ultimo soprattutto nel quale la difesa di un ministro che abbia sbagliato o meno è una sorta di terno all’otto: do you remember Cancellieri? Ma il caso di Nunzia De Girolamo (nella foto) che, tra l’altro, era stata una coraggiosa ministra a difendere il “made in Italy” insidiato da Tir carichi di falsi prosciutti, è il più emblematico di tutti e, probabilmente, il punto finale di un modo di governare a dir poco discutibile.

Le sue dimissioni, infatti, non derivano da reati dimostrati, da avvisi di garanzia e da altre turbative ma, semmai, da toni e parole dette in casa propria, non certamente elevate e soprattutto registrate in segreto e poi rese pubbliche in un faldone giudiziario da parte di un indagato in questioni sanitarie, le stesse di cui parlava la De Girolamo in casa sua. Ma c’è di più. La De Girolamo, staccatasi a suo tempo da Forza Italia e finita con Alfano, aveva difeso caparbiamente il suo ruolo in Parlamento dove era stata letteralmente trascinata dal combinato disposto di tre fattori: la forza d’urto, in simili vicende, dei bravissimi eccitatori de “Il Fatto Quotidiano”, dall’antagonismo antipartitico e giustizialista di Grillo e, last but not least, dalla debolezza difensiva della compagine di maggioranza.

Per inciso, si ricorda un’analoga vicenda che colpì ingiustamente Mastella e la sua famiglia per fatti analoghi; ma ora è Mastella a fare le pulci alla ex ministra. La cui maggioranza si è praticamente dissolta proprio a Montecitorio in un sala deserta, in quel forno dove la povera ministra ebbe a toccare con mano non soltanto l’assenza di solidarietà diffusa fra i parlamentari di maggioranza ma, soprattutto, dei colleghi di Governo, a cominciare dal Premier, assente come spesso gli capita quando ci sono problemi politici. Eppure, Letta c’era con la Cancellieri, e sappiamo come è finita.

Ma, a guardar bene, il problema non è (solo) questo, non si tratta soltanto di uno sgarbo istituzionale - lei è innocente fino a prova contraria - né di una mancata solidarietà che non si nega mai - ma del fatto che ha innescato le dimissioni. Il fatto in sé, non il quotidiano, sono le intercettazioni compiute da un privato, in seri guai giudiziari, a casa De Girolamo da usarle in un processo e, dunque, legittimate dalla Magistratura. Nessuno, dico nessuno, nel dibattito parlamentare, nelle sedi di partito, nei talk-show, nelle tv mattiniere, pomeridiane, serali e notturne che invadono lo spettatore ha voluto mettere il dito su questa piaga che, tra l’altro, rientra nel grande circo, cinico, tragicomico, delirante e devastante delle intercettazioni sulla cui violazione dell’habeas corpus pochi o punto, forse solo la diretta interessata e qualche valoroso radicale, hanno fatto cenno. Eppure, si tratta di principi violati.

Silenzio. Interessava la sorte della ministra scissionista, le sue difficoltà con Alfano e Letta e soprattutto col marito lettiano. Finché siamo arrivati a questo clima da ultima spiaggia, da crisi vera o minacciata, da valanga incombente, che sembra aleggiare dopo l’accordo (di ferro?) Renzi-Berlusconi che hanno tutta l’aria di disfarsi dei seccatori minori, compreso Alfano e lo stesso Letta, il quale, mollando la De Girolamo, s’illude forse di fermare la possibile valanga. Un clima per cui la legge-accordo non può essere discussa, che il mini-porcellum deve passare, che le preferenze non passeranno mai, insomma: prendere o lasciare, altrimenti si vota come vuole la Suprema Corte. Anzi, da questa specie di majora premunt la politica è talmente pressata da impedirle di riflettere proprio sui dettagli della nuova legge e cioè: non rischia di essere incostituzionale per via dell’assenza delle preferenze?

Non rischia un’altra bocciatura per via di quel basso 35%? Infine, perché la politica ha così poco rispetto di sé dal teorizzare che senza le preferenza è meglio per non dare spazio a corruzione e criminalità; o che, al contrario, le liste bloccate servono ai boss del partito per sistemare amiche e amici personali? Non è vero in entrambi i casi, sono due teorie sbagliate dell’antipolitica da bar. E allora perché tirarsi il fango in faccia? E, nel caso della De Girolamo, che secondo qualcuno vorrebbe tornare nella casa-madre, perché non difenderla dal fango? Torna, sta casa aspetta te, le canta Silvio il piacione. Ma gli altri? Le altre?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 23:21