L’angolo senza uscita di Angelino Alfano

Angelino Alfano si è infilato in un angolo senza uscita. Dove non solo deve ripararsi dalle polemiche assolutamente scontate lanciategli contro dagli esponenti di Forza Italia, ma dove viene sfidato, incalzato ed addirittura irriso dai tre candidati alla segreteria del principale alleato di governo. L’ex “delfino” di Silvio Berlusconi era convinto che una volta consumata la scissione dal Popolo della Libertà all’insegna della difesa della stabilità del governo Letta avrebbe potuto far pesare con grande facilità il ruolo determinante del suo Nuovo Centrodestra all’interno della coalizione.

In questo modo avrebbe imposto scelte e provvedimenti con cui dimostrare di non aver tradito l’elettorato moderato e rendere inefficaci le accuse dei berlusconiani. Non a caso, all’indomani della scissione, ha chiesto di stipulare un nuovo patto di governo sfidando il Partito Democratico ad affrontare quella riforma della giustizia che le larghe intese non hanno potuto neppure sfiorare a causa della presenza del Cavaliere. Alfano era probabilmente certo che la necessità di evitare ad ogni costo la crisi e l’esigenza di mantenere in vita il governo Letta avrebbe spinto i dirigenti del Pd, compreso Matteo Renzi, a riconoscere al Nuovo Centrodestra lo stesso ruolo determinante tenuto in precedenza dal Pdl.

Quel ruolo che gli aveva consentito di occupare il doppio ruolo di vicepresidente del Consiglio e di ministro dell’Interno. Ma la sua si è rivelata una convinzione totalmente sbagliata. Perché non solo Renzi ma anche Cuperlo e Civati hanno tenuto a sottolineare non solo che alle larghe intese si è sostituito un equilibrio politico fondato sulla supremazia e sulla centralità del Pd.

Ma, soprattutto, che l’esigenza principale non è affatto la conservazione dell’attuale Esecutivo, ma il radicale cambiamento di linea del governo. Un cambiamento che non può essere il frutto di un qualche compromesso con i partiti minori, ma che può essere realizzato solo accogliendo in pieno la linea del Pd che verrà espressa dal nuovo segretario. Fino all'altro ieri si credeva che questa richiesta potesse provenire solo da Renzi. E manifestasse la volontà del sindaco di Firenze di usare la segreteria come trampolino di lancio verso la Presidenza del Consiglio con elezioni anticipate da celebrare in primavera. Dall’altro ieri anche questa convinzione si è rivelata sbagliata.

Perché a chiedere al governo una radicale inversione di tendenza in nome della supremazia e della centralità del Pd sono anche gli altri candidati alla segreteria. A conferma che è l’intero Pd, con la sola eccezione dei lettiani di stretta osservanza, a chiedere una svolta segnata da un maggiore radicalismo di sinistra e dalla fine di qualsiasi compromesso con le forze moderate. Ed a subordinare l’esigenza della stabilità a questo tipo di svolta senza nutrire alcun timore per elezioni anticipate. Non a caso Renzi ha ricordato ad Alfano che in caso di voto il Nuovo Centrodestra sarebbe “asfaltato” da Silvio Berlusconi.

E Civati ha irriso alla Balena Bianca senza popolo degli alfaniani e dei neo-centristi lasciando intendere che invece di rivendicare la propria essenzialità e pensare di imporre particolari condizioni programmatiche, costoro non possono far altro che seguire senza fiatare, come l’intendenza napoleonica, il Partito Democratico. È in grado Alfano di uscire dall’angolo dove si è infilato fidandosi delle assicurazioni di Enrico Letta e Giorgio Napolitano? Bella domanda. A cui per il momento non c’è risposta. Tranne quella di prevedere nel futuro un mesto e complicato ritorno all’ovile!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:51