
In uno stato di diritto tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Ma non è uno stato di diritto quello in cui la legge si applica in maniera persecutoria per vent'anni di seguito nei confronti di un cittadino che ha come colpa principale quella di essere il leader carismatico dello schieramento politico che per due decenni di seguito ha impedito alla sinistra di conquistare stabilmente il potere. Il buon senso, a dispetto di quanto vanno sostenendo i commentatori dei media politicamente corretti, si applica solo partendo da questa considerazione. Chi pretende che scatti sulla base della sentenza della Cassazione e della interpretazione da plotone d'esecuzione della legge Severino, ragiona con la stessa logica di chi negli anni trenta non aveva nulla da ridire nei confronti dei processi di Mosca contro i nemici di Stalin perché in quei procedimenti penali venivano rigorosamente applicate le leggi dello stato sovietico.
Naturalmente i sostenitori della necessità di ghigliottinare al più presto il Cavaliere in nome del rispetto delle leggi dell'Italia repubblicana non prendono neppure in considerazione il paragone della persecuzione giudiziaria con i processi stalinisti. Anzi, a stare a come nei giorni scorsi l'esponente del Pd Puppato ha reagito al ricordo fatto da Marco Taradash delle amnistie volute dal Pci negli anni della Prima Repubblica per cancellare i finanziamenti illeciti ricevuti dall'Unione Sovietica, il paragone sarebbe “farneticante”. Ma sono proprio queste affermazioni sdegnate ed insultanti che dimostrano come una sinistra allevata per anni a considerarsi superiore culturalmente, politicamente e razzialmente nei confronti non solo dei dirigenti del centro destra ma dell'intero popolo dei votanti per l'area moderata non sia in grado di usare nessuna forma di buon senso in un quadro di convivenza civile.
Ma sappia solo perpetuare all'infinito quel clima da guerra civile (alle volte fredda ma in qualche caso anche bollente) che è stato e continua ad essere l'unico fattore di sopravvivenza di un'area politica incapace di rinnovarsi ed accettare sul serio le regole dello stato di diritto e della democrazia liberale. Chi ha pensato di poter dialogare con questo tipo di sinistra fino ad arrivare addirittura alla cosiddetta “pacificazione” si è tragicamente illuso. Ora le Puppato, ma anche i Renzi, i Bersani e gli Epifani, prenderebbero che il Pdl accettasse supinamente l'eliminazione del proprio leader per via giudiziaria e, dopo aver assistito all'atto formale della propria dissoluzione, continuasse imperterrito a sostenere un governo composto dai fedelissimi eredi dei boia dei processi staliniani. Il tutto in nome di un interesse superiore. Che in realtà non sarebbe del paese ma solo ed esclusivamente della parte politica che si considera superiore per volere divino e per volontà rigorosamente propria. Ancora guerra civile, allora, ovviamente in versione elezione anticipate? Chi la cerca alla fine se la trova. E ne paga anche le conseguenze.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:51