
Singolare questa uscita di Maroni che nella Lega pare uno dei pochi che mastica politica nazionale. Maroni,.già secondo leader dietro il Senatur e proveniente dalla gauche giovanile (ne ha utilmente metabolizzato metodologie e articolazioni) buon ministro degli Interni e poi governatore lombardo dopo lo sbaraccamento bossiano a sfondo scandalistico. Maroni, che lascia a Natale la leadership di una Lega in crisi, d'identità e di voti. Maroni, che l'inner circle degli informati padani tende a intravedere nella confusa e tragicomica "trama" che lo portò a sventolare la scopa delle pulizie. Ebbene, questo Maroni che ne ha viste (e fatte) di cotte e di crude nell'era tambureggiante della Lega del cappio e dei forconi antipartiti, se ne esce con un paragone invero ardito e assolutamente improbabile fra Craxi e Berlusconi. Le simmetrie, in politica, sono facili da fare ma difficili da spiegare, anche se, sullo sfondo del trattamento mediatico giudiziario contro il Cav ci sono gli analoghi meccanismi che si sono visti all'opera, venti anni fa, contro Craxi.
Il fatto è che dentro quei meccanismi oliati alla perfezione dal nutrimento feroce di un giustizialismo alleato con i mass media e, ovviamente, con il leggendario pool, c'era una Lega in cui Maroni era in pole position. Ma c'era anche il Cav, le cui televisioni facevano a gara ad esaltare le magnifiche gesta di un certo Di Pietro e a criminalizzare democristiani e socialisti e il loro leader Bettino Craxi. Chi non ricorda il mitico Brosio che s'illuminava d'immenso quando zoomava sulla finestra illuminata dell'eroico Pm? Come dimenticare le filippiche sferzanti del Tg5 contro l'immonda partitocrazia (da cui quelle Tv avevano ottenuto di tutto e di più). E, soprattutto, come non ricordare che alle monetine scagliate da postcomunisti e postfascisti davanti al Raphael si aggiunsero, elettronicamente e con effetti ancor più devastanti, i commenti dei giornalisti televisivi o meno vicinissimi al Cavaliere e alla Lega, per non dire di Fini.
Allora, di che stiamo parlando? Se proprio nella similitudine maroniana vogliamo scorgere vaghe analogie fra passato e presente, vale la pena soffermarci su un aspetto di fondo che accomuna la figura di Craxi con quella di Berlusconi e che riguarda la componente di vero e proprio odio politico riversatogli contro dai nemici, in modo particolare gli ex Pci. Un odio viscerale che non ha permesso al Pds di allora di fare i conti con il liberalsocialismo craxiano delegando ai giudici la eleminazione di Craxi. Lo stesso odio che non consente, oggi, al Pd, di fare i conti politici con un Cav che li ha spesso messi KO, affidandone la liquidazione alle amorevoli cure di una magistratura che, come allora e più di allora, diventa il vero dominus di una politica allo sbando. Non era allo sbando la politica ai tempi del Craxi del decreto sulla scala mobile, del decreto che riaccendeva le Tv berlsuconiane, della vicenda di Sigonella e dell'orgoglio di essere italiani, del lancio della Grande Riforma dello Stato e delle Istituzioni, della modernizzazione e della crescita, riducendo drasticamente l'inflazione e rilanciando l'economia.
Ma, dicono alcuni, il debito pubblico sfiorava i mille mliardi. Vero, ma l'economia girava, il benessere era diffuso, la disoccupazione ai minimi storici, la pace sociale garantita. Oggi, anno 2013, il debito pubblico ha superato i duemila e rotti miliardi, per non parlare del resto in sofferenza. Non era forse la Lega a inveire contro quel debito che, con lei al governo ,è stato semplicemente raddoppiato? Non reggono i paragoni, dunque. Perché venti anni dopo la storia non può più essere manipolata ad usum delphini, né di destra né di snistra. Perché in larga misura le grandi speranze suscitate dal Cav, cui erano andati quasi tutti i voti dei socialisti, si sono arenate proprio sui nodi da sciogliere delle riforme istituzionali, liberali, modernizzatrici.
E spesso e volentieri la Lega è stata un freno quando non un aizzatore di scelte non precisamente liberali, a braccetto con quel campione manettaro di nome Fini. La riforma della giustizia, in primis, è rimasta lettera morta. E il garantismo divenuto sempre più desueto, a sinistra e, soprattutto, a destra. La politica, venti anni dopo è diventata sempre più subalterna alla Casta Giudiziaria. È davvero uno sberleffo della storia che Berlusconi sia ritornato agli amori referendar pannelliani, sol che si pensi che nel 1987 fu il Psi uno dei massimi sostenitori del referendum sulla giustizia. Lasciate in pace Craxi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:51