Quell'Epifani in tv sembrava Breznev

C'era da restare di sasso alla visione del segretario Pd subito dopo la sentenza. Di sasso, come ammutoliti, per l'impressione di vecchio Pci, peggio ancora Pcus, irradiata da una lettura di un comunicato stampa simile ad una risoluzione del Cremlino o del vecchio Pci togliattian-secchiano. Non uno, non due, ma ben tre personaggi con aria compunta e severa due dei quali a fianco di Epifani/Breznev che scandiva, accanto alla sentenza, i diktak del suo partito. Mamma mia che impressione. Un segretario di tradizione socialista che, spinto davati ai microfoni dalla necessità di tacitare l'ennemi a gauche,assume il ruolo di Breznev per seppellire il nemico col tono dell'ecrazes l'infame.Manco fossimo in un passaggio rivoluzionario o, peggio ancora, in un tribunale del popolo, parallelo alla Cassazione.

È un vizietto, questo dello spiccare condanne come moniti, dell'integrare quelle della Magistratura, come a mettersi in prima fila a magnificarla, petto in fuori e pancia in dentro, toni declamatori e definitivi cui segue la tradizionale giaculatoria: le sentenze si rispettano. Solo che, stavolta, il trio alla Vischynskj ha voluto aggiungere un particolare, un surplus, come a voler chiudere la pratica Cav, a mettercci una pietra tombale: la condanna, diceva, va non solo rispettata ma applicata. Applicata, in fretta, illico et immediate, superando in questo lo stesso dispositivo della Suprema Corte. Il tono,così compreso nella sua severità, dell'improvvisato tribunalino del popolino del Pd si è fatto ancora più grave come di chi si accinge a entrare nella storia, di aggiungere un tassello finale ai venti anni di corsa alla lepre, o al cinghialone. Appunto, il cinghialone, ricordate? Ritornavano nelle scansioni del gruppetto l'acre sapore di caccia grossa lontana, di venti anni fa, quando la presa di mira del cinghialone era in pieno svolgimento e il circo mediatico giudiziario imponeva i ritmi e le cadenze dell'inseguimento mortale, della cattura, e, infine,della esecuzione del capro espiatorio.

 Forse i tre non se ne sono nemmeno accorti di recitare un remake dell'orrore che, tra l'altro, avrà una ricaduta devastante sulla politica, esattamente come allora, esattamente come quando l'annientamento del leader socialista ridusse la politica ad un ruolo ancillare, e il paese a un destino declinante dal quale non si è più ripreso. Anche allora sembrava che l'eliminazione per via giudiziaria - e non politica - di un cardine fondamentale dell'assetto politico, aprisse vaste praterie, strade larghe e immensi orizzonti ad una sinistra,ovviamente miracolata dalle Toghe e finalmente libera di cogliere i frutti che mai prima era riuscita a catturare. Invece, come si sa, andò diversamente e il nuovo attore politico disceso in campo dalla trincea del lavoro, sbaragliò la gioiosa macchina da guerra. Ma la sinistra è fatta così,deve sempre tener buoni quelli che stanno più a sinistra di lei, la base recalcitrante, i compagni che non ne possono più del Cav e che "non li teniamo più a stare al governo con un condannato dalla Cassazione", come dice il refrain del coro greco piddino. Soprattutto questa sinistra, intossicata dal giustizialismo e dall'odio ventennale contro il Cav, non può non ringraziare quelle Toghe che hanno tolto di mezzo l'eroico ingombro, l'ossessione della loro vita. Sarà una nostra sensazione, e dunque non facciamoci caso più di tanto, ma la bomba della Cassazione è piombata sul paesaggio politico italiano provocando un effetto ground zero dove, però, i più a rischio sono proprio i sinistri. Certo, il Pdl si aggira sotto shock, un po' come i superstiti delle Twin Towers girando come zombie intorno al cratere dove è finito il Cavaliere.

 E da quel cratere bisognerà pur ricominciare. Eppure, l'effetto collaterale dell'esplosione sarà ben presto, ben prima che si possa credere, tremendamente contagioso per gli esultanti di oggi. Non hanno una politica per il paese, non hanno una visione dell'Italia, non hanno un partito unito ma rissoso, non hanno leader capaci di indicarci un orizzonte nuovo. E adesso non hanno più l'interlocutore politico, l'altra gamba del sistema, l'elemento indispensabile per costruire qualcosa. E il bello è che questa gamba mancante è tale fino a un certo punto. Se si mantengono i nervi saldi, se si bloccheranno falchi e falchesse, se si eviterà di andare a testa bassa contro la magistratura, se si cercherà la via della mediazione, della proposta, delle riforme, i giochi si possono riaprire e i fili si possono riannodare. Dopotutto, dopo Ground Zero, la vita è ricominciata.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:45