
Qualcuno si chiede perché mai sia stato necessario un articolo del Corriere della Sera chiaramente ispirato dalla Procura di Milano ad innescare la decisione della Corte di Cassazione di fissare con folgorante velocità e nel bel mezzo dell'estate l'udienza per la sentenza che potrebbe segnare la fine politica di Silvio Berlusconi. Non bastava un contatto riservato tra chi, conoscendo a menadito il processo Mediaset, aveva fatto i difficili calcoli delle scadenze delle prescrizioni di cui avrebbe potuto usufruire il Cavaliere e qualche autorevole esponente della Corte a cui sarebbe servito tempo per esaminare le centinaia di carte processuali per arrivare allo stesso risultato? Chi dice che le sentenze non si commentano dice anche che i magistrati non parlano se non con gli atti.
Ma mentre la prima affermazione nasconde una concezione teocratica del ruolo della magistratura inesistente nello stato di diritto, la seconda è semplicemente una sciocchezza. I magistrati parlano tra di loro, usano il telefono come tutti gli altri normali cittadini. E quando non lo fanno ed utilizzano altri mezzi per comunicare non è per caso ma per scelta fornita di una precisa motivazione. Qual è la motivazione della decisione di far sapere attraverso un articolo del Corriere della Sera che il Cavaliere avrebbe potuto rinviare di un anno la sua decapitazione politica se la Cassazione non fosse intervenuto all'istante per correggere gli effetti della legge ad personam sulla prescrizione più nota come legge Cirielli? Qualcuno ipotizza che i magistrati esperti nei difficili calcoli sulle diverse prescrizioni non c'entrino nulla e che l'operazione abbia avuto una motivazione esclusivamente giornalistica: uno scoop per far passare alla storia il Corriere della Sera come il giornale che uccise due volte Silvio Berlusconi. Nel '94 con l'annuncio dell'avviso di garanzia, nel 2013 con la sollecitazione alla Cassazione a bloccare le prescrizioni. Ma il marasma societario in atto a via Solferino rende poco credibile una ipotesi del genere ed apre la strada ad un diverso sospetto.
Quello che si sia deciso di evitare i contatti riservati ed utilizzare apertamente e dichiaratamente lo strumento mediatico per innescare la reazione più scomposta e clamorosa possibile da parte di quella parte consistente del paese che non può assistere passivamente alla eliminazione per accanimento giudiziario del leader in cui si riconosce. L'impressione, in sostanza, è che si tratti di una classica operazione mediatico-giudiziaria e che l'obbiettivo non sia solo quello di liquidare il Cavaliere ma quello di innescare una serie di reazioni a catena destinate a mettere in ginocchio il centro destra, mandare all'aria il governo delle larghe intese e creare le condizioni per nuovi equilibri politici garantiti da una parte della magistratura trasformata per l'occasione nell'equivalente delle forze armate egiziane . Il Pdl, il centro destra e tutte le forze autenticamente democratiche dovrebbero mantenere i nervi più saldi possibile ed evitare di cadere nella trappola di chi vuole usare il bersaglio Berlusconi per provocare una deriva autoritaria nel paese. I nervi saldi, tuttavia, possono al massimo evitare l'errore dell'Aventino ma non possono impedire che dalla speranza di pacificazione si passi ad una nuova e più pesante fase della guerra civile, per il momento ancora fredda, in atto nella società nazionale. Per uscirne non c'è che un modo : disinnescare il pretesto Berlusconi usato dagli aspiranti golpisti. E questo può farlo solo Giorgio Napolitano!
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:23