
Con la sua ultima intervista alla "Stampa" il sasso in piccionaia è arrivato, eccome. Più che un sasso un macigno,quello scagliato da Sandro Bondi contro ministeri della cultura e annessi e connessi sovrintendenti e via (non) gestendo. Perché il colpo è più duro del solito? Perché Bondi è stato uno dei pochissimi ministri che si è dimesso per colpe assolutamente non sue, tipo crolli a Pompei che sono continuati anche e soprattutto dopo le sue dimissioni richieste a gran voce dall'opposizione, diciamo così, di sinistra. In realtà volevano disfarsi di un ministro che aveva fatto bene rispetto agli altri ma che era macchiato da un marchio indelebile: il berlusconismo.
Solo per questo il ministro doveva lasciare, nel clamore di una campagna mediatica nella quale l'ideologizzazione della cultura e della sua gestione brillava per la sua frastornante strumentalizzazione. Aleggiavano le parole terribili di privatizzazione e di mamagerialità. Posto che è assai arduo spiegare al volgo che un ministro del Mibac sia in grado di fermare crolli di muretti, soprattutto a Pompei. Meglio criminalizzarlo come amico personale del Cav e il gioco è fatto. La gauche è brava nel cacciare via i ministri, sol che si pensi a quello della Giustzia di tanti anni fa colpevole della fuga du Kappler, manco fosse un secondino. Ma l'ex ministro Bondi va oltre le sue picconate, secondo noi necessarie se non addirittura obblgatorie. Intanto,con onestà, ammette di non essersi ribellato ai tagli massacranti imposti allora al suo ministero in nome della mortifera logica "orizzontale" che, lo dice la parola stessa ,evoca cadaveri. Fu un errore, ma non soltanto suo, rimediato, peraltro, da certe sue nomine, per esempio quella di un ottimo manager come Resca (ma c'è ancora?) alla nuova grande Brera sulla cui ricostruzione si discute da non meno di quaranta anni.
E lo dice uno che nel 1973 ascoltò dall'allora sindaco Aniasi, accompagnato dall'allora Sovrintendente l'annuncio che era in dirittura d'arrivo la nuova grande immaginifica Brera. Le picconate bondiane, dunque. Non si tratta di un pars destruens fine a sé stessa,soprattutto perché indica lo stato di degrado e di autentica sofferenza che gode il nostro immenso patrimonio artistico, archeologico, museale ecc. Per non dire dei dimenticati, immensi magazzini. Ma è soprattutto l'indifferenza alle sue gigantesche possibilità che sorprende. Indifferenza che il vero, inestirpabile cancro dell'Italia di ieri e di oggi, la burocrazia, ha vieppiù evidenziato al punto che, parlando per esempio dei Bronzi di Riace (tanto per dirne una) si viene a sapere che sono nascosti, da anni, da qualche parte, nell'indifferenza più colpevole. Il caso riguarda anche responsabilità politiche, ma è la spia di una situazione che può trovare una e una sola soluzione:l 'affidamento dei due stupendi bronzi emersi un trentennio fa dalle acque calabresi a mani diverse e a menti che sappiano come usarli come richiamo fortissimo di visitatori di tutto il mondo, attualmente frustrati dall'assenza o introvabilità dei due capolavori dell'arte greca.
Non ci sono altre strade,anche e soprattutto in relazione alle più o meno cogenti spending revew, se non quelle di appaltarli a manager preparati che, sapendo il fatto loro nel campo della vivacizzazione e conoscenza dell'arte intesa come strumento di partecipazione e di fruizione, li metterebbero a disposizione dell'enorme pubblico in giro per il mondo, a cominciare da casa nostra. E che dire di Pompei, visitata da non meno di settantamila persone al giorno, se non che necessita di una radicale, rivoluzionaria gestione manageriale, prima che sia troppo tardi. Lo Stato non può permettersi il lusso di sottovalutare se non respingere le potenzialità della nostra più vera e più ampia ricchezza, quella culturale, credendo che sovrintendenti e burocrazie pubbliche riescano in una operazione urgente e copernicana, che, tra l'altro non compete loro, fermo restando la loro comprovata capacità e serietà in un ruolo che non può essere di gestione, ma di conservazione. Conservino pure, non si discute. Ma solo da manager di alto profilo che sappiano come si gestisce, innovando e modernizzando, e che conoscano a fondo le regole del marketing, in un paese che possiede il sessanta o il settanta per cento delle ricchezze artistiche del mondo, potrà derivare il secondo rinascimento della cultura italiana. Altrimenti....
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:50