
La vicenda dell’abolizione delle province bocciata dalla Corte Costituzionale dimostra in maniera incontestabile che la riforma della Costituzione è la madre di tutte le riforme. Se si vuole mettere mano ad un qualsiasi provvedimento destinato ad apportare un qualsiasi cambiamento alla struttura complessiva dello stato burocratico-assistenziale costruito nel secondo dopoguerra sulla struttura dello stato centralistico e autoritario sabaudo e fascista , non c’è altra strada che quella della riforma integrale della Carta Costituzionale. Quando il governo Monti ha varato il decreto di abolizione delle province non c’era persona dotata di semplice buon senso a non capire che le ragioni di “straordinaria necessità e urgenza” tirate in ballo dal Professore per il taglio delle autonomie ritenute inutile e sovrabbondanti sarebbero andate a sbattere contro i ricorsi degli interessati a non essere eliminati e la conseguente decisione della Corte Costituzionale. Non è forse la Costituzione a prevedere le province? E come si fa a eliminare un pezzo di Costituzione se non si modifica la Costituzione stessa ? All’epoca del decreto Monti questa considerazione assolutamente scontata e banale è stata seppellita e nascosta sotto una coltre di austerità demagogica.
L’Europa chiedeva tagli, i media pretendevano tagli, il popolo sollecitava tagli . E il governo, il Parlamento, lo stesso Quirinale dove al governo precedente non si faceva passare neppure l’ombra di una possibile ed eventuale forzatura costituzionale, hanno dato i tagli. Fatti per decreto. Non per essere applicati immediatamente visto che nel frattempo le province sono cadute nel limbo dell’eliminazione virtuale priva di qualsiasi riscontro con la realtà. E, soprattutto, fatti per essere sconfessati e bocciati, quando la pressione dell’Europa, dei media e del popolo fosse passata, da una Corte Costituzionale obbligata a far rispettare la regola che senza modifiche costituzionali non si può cambiare ciò che è fissato nella Costituzione. La morale di questa vicenda, dunque, non è che la colpa della mancata riduzione degli sprechi ricade sui componenti della Consulta incapaci di mettersi in sincrono con la vita democratica e con i problemi del Paese e sempre pronti a difendere i privilegi della casta politica.
Questa non è solo una sciocchezza colossale ma una vera e propria operazione di mistificazione diretta a nascondere la morale vera della faccenda. Cioè che se non si mette mano alla Costituzione attraverso le procedure previste dalla Costituzione stessa, nessuna riforma sarà mai possibile. Le campagne demagogiche che in nome della lotta alla casta politica portano avanti misure irrealizzabili diventano, quindi, la semplice copertura della volontà strenua del blocco conservatore di non compiere alcuna riforma e di lasciare del tutto immutato il burka costituzionale sotto cui sono proliferati tutti i privilegi e tutte le escrescenze che appesantiscono in maniera ormai insopportabile la struttura dello Stato. Un reale e concreto percorso riformatore passa attraverso l’abolizione di questo burka ormai diventato lo strumento di difesa di chi punta a non cambiare nulla. La Consulta, che pure è strumento dove i conservatori sono maggioranza, è un falso bersaglio. Le riforme si potranno fare solo a condizione di battere quanti usano la Costituzione per difendere i propri interessi e conservare i propri privilegi di casta!
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:12