Cucchi: magistratura al tappeto

Quanto avvenuto nell’aula di tribunale dopo la lettura della sentenza per la morte del giovane Stefano Cucchi dimostra la perdita di credibilità e di autorevolezza della magistratura italiana e, per essa, dei mali di cui soffre la nostra Giustizia. La dimostrazione di questo assunto è data non solo dalla reazione del pubblico e da quella della famiglia del giovane Cucchi, quanto piuttosto dalle dichiarazioni della altrettanto giovane, coraggiosa e ostinata sorella Ilaria che ha contestato pesantemente la sentenza reclamando una giustizia che secondo lei è stata negata. Non intervengo sulle ragioni e sulla spinta emotiva che hanno portato a queste dichiarazioni, quanto sul fatto che le stesse siano state date e sul fatto che in questo Paese ciascuno vorrebbe che la magistratura rispondesse ai propri desideri e non piuttosto a rendere Giustizia.

Ilaria Cucchi infatti è la stessa Ilaria che è stata candidata nella lista di Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia (pubblico ministero, in ogni caso magistrato) notoriamente a fianco della magistratura milanese nei processi contro Berlusconi per il quale si invocavano condanne che sono poi arrivate nonostante lo stesso Berlusconi, per il tramite della sua difesa, si dichiarasse innocente. Ora la questione che si pone dopo le dichiarazioni della Cucchi è: o la magistratura fa sempre bene il suo lavoro, e quindi è credibile sempre e pertanto le sentenze vanno accettate perché “giuste”, ovvero non è credibile mai. Né quando condanna Berlusconi né quando non condanna poliziotti e carabinieri per la morte del giovane Stefano. È evidente, proprio perché derivanti da chi si è impegnata in politica, come le dichiarazioni della Cucchi acquistino rilevanza di contestazione globale all’operato dei magistrati, cosa questa che infonde ulteriore sfiducia nei cittadini presso i quali l’operato della magistratura, soprattutto nelle cause civili, non viene valutato a cinque stelle (con riferimento a categorie alberghiere!).

Il post-sentenza nel processo Cucchi è un k.o. per tutta la magistratura che va così al tappeto per assenza di credibilità che discende dalla autorevolezza che a sua volta si conquista sul campo con i comportamenti pubblici e privati (come viene richiesto a ciascuno di noi), con la professionalità che significa anche definire procedimenti in tempi decenti; autorevolezza che si sottolinea con il silenzio e non con l’esposizione mediatica o la ricerca di notorietà, autorevolezza che vorrebbe i magistrati non appartenenti a congreghe o correnti di pensiero, a lobby interne alla stessa magistratura. Autorevolezza che deriverebbe laddove gli stessi magistrati riuscissero a dimostrare che la loro organizzazione del lavoro, peraltro autonoma, indipendente e autodeterminata, risponde a criteri di produttività e di servizio che la società richiede.

Non vale investire danari pubblici su una funzione, peraltro benissimo pagata dai contribuenti, che non sia poi globalmente in grado di apparire come di essere: una magistratura che voglia e possa essere come i migliori medici, nel loro caso chiamati a salvare tempestivamente la vita del nostro organismo civile attraverso le loro sentenze. Oggi non è così e il post-sentenza Cucchi lo dimostra. Le stesse dichiarazioni di solidarietà alla famiglia da parte della ministra Cancellieri, sebbene umanamente comprensibili, lo diventano meno quando provengono ufficialmente dal ministero che la Giustizia amministra. Certa solidarietà avrebbe potuto essere almeno espressa per vie strettamente private. O no?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:51