A tempo mandato del Colle e legislatura

È vero che il Quirinale provoca incredibili effetti di ringiovanimento per chi vi abita. Ma è altrettanto vero che alla fine dei prossimi tre anni il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano avrà superato la soglia dei novant'anni e, a dispetto di tutto il gerovital quirinalesco, non potrà non realizzare quanto ha rinviato per senso di responsabilità nel mese di aprile e concedersi il giusto e meritato riposo. Pasquale Cascella, ex consigliere per la stampa e collaboratore storico del Capo dello Stato, ha sostenuto che Napolitano uscirà di scena non appena le riforme necessarie saranno state avviate. Presumibilmente addirittura prima della scadenza dei prossimi tre anni.

Il ché è ampiamente condivisibile. Con una aggiunta. Che le dimissioni anticipate del Capo dello Stato non saranno condizionate alla buona riuscita dell'avvio del processo delle riforme. Ma saranno comunque ed inderogabilmente provocate dall'anagrafe. Oltre il limite dei novant'anni, in altri termini, Napolitano difficilmente potrà andare. E la considerazione che il senso di responsabilità dovrà necessariamente arrendersi, come con Benedetto XVI, all'età comporta due conseguenze su cui le forse politiche dovrebbero incominciare a riflettere fin da ora. La prima è che se il Presidente della Repubblica dovesse uscire dal Quirinale entro i prossimi tre anni, il suo successore dovrebbe essere eletto dallo stesso Parlamento che non è riuscito a trovare un qualche accordo prima della sua salvifica ricomparsa.

La seconda è che se il governo delle larghe intese non riuscisse a compiere entro questo periodo i compiti per cui è nato, pacificazione e ripresa (senza la prima non ci può essere la seconda), la legislatura sarebbe destinata a durare addirittura meno del mandato ridotto del Capo dello Stato. Insomma la missione a termine di Napolitano implica che Enrico Letta acceleri al massimo la realizzazione del programma di riforme e di rilancio per evitare che la legislatura si interrompa prima ancora delle dimissioni anticipate del Presidente della Repubblica. La circostanza non può non complicare il lavoro del nuovo esecutivo. Perché la consapevolezza che si dovrà tornare alle urne sicuramente prima dei prossimi cinque anni spingerà inevitabilmente i partiti della difficile coalizione ad operare tenendo sempre ben presenti le proprie esigenze elettorali. Come evitare, allora, che le larghe intese possano fallire prima ancora di aver prodotto un qualche effetto positivo nella lotta contro la crisi e per la ripresa del paese? L'unica possibilità passa attraverso la presa d'atto che il mandato breve del Quirinale comporterà inevitabilmente una legislatura accorciata.

E che nei prossimi due o tre anni ogni sforzo delle forze politiche responsabilità dovrà essere diretto ad impedire che l'uscita di scena del Capo dello Stato possa provocare lo sconquasso definitivo della Repubblica. Per scongiurare questo pericolo le forze di governo dovrebbero, oltre che cercare di ridurre al massimo la tensione sociale, puntare nel minor tempo possibile a disinnescare la bomba istituzionale. Massimo D'Alema ha proposto di cambiare subito la legge elettorale cominciando a cancellare per decreto quella esistente. Può essere un primo passo. Ma a questo deve immediatamente seguire il secondo e decisivo passo della riforma della Costituzione con il passaggio dalla Repubblica parlamentare alla Repubblica presidenziale. Cioè alla scelta di annunciare fin da adesso al paese che il successore di Napolitano dovrà essere scelto dall'intero corpo elettorale. Per rendere finalmente formale la Costituzione materiale ed impedire il perpetuarsi all'infinito degli effetti negativi dell'intreccio perverso delle due carte. Se si vuole, due o tre anni sono più che sufficienti.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:51