L'anomalia nobiliare di Fabrizio Barca

Nessuno discute che l'irruzione di Beppe Grillo sulla scena politica nazionale rappresenti una sorta di bizzarra anomalia. Anche se il precedente di Guglielmo Giannini dimostra che non c'è nulla di nuovo sotto il sole d'Italia, non può non colpire che un comico si trasformi in leader politico ed alla sua prima uscita elettorale riesca a conquistare più di un quarto del voto degli italiani. Ma questa anomalia, che peraltro è stata cancellata proprio dalla piena legittimazione democratica avuta dai risultati elettorali, appare il classico fuscello di fronte alla trave nell'occhio rappresentata dalla improvvisa e prorompente apparizione sullo stesso firmamento politico nazionale dalla stella nascente di Fabrizio Barca.

È vero che quest'ultimo non è un comico urlatore con poche idee e pure confuse. Ed è un esimio professore apprezzato negli ambienti accademici italiani e stranieri. Ma è altrettanto vero che non ha avuto alcuna legittimazione da parte degli elettori e, dopo essere diventato ministro di un governo tecnico per cooptazione, ha deciso di dedicarsi alla politica prendendo la tessera del Pd solo da qualche giorno a questa parte e lanciando, come Palmiro Togliatti al ritorno dall'Urss, il progetto di un partito nuovo per l'intera sinistra italiana. Se un qualsiasi professore universitario stimato in Italia ed all'estero si fosse comportato come Barca ponendosi come il promotore del grande rinnovamento del maggior partito della sinistra italiana sarebbe stato, nella migliore delle ipotesi, totalmente ignorato. Invece l'emulo di Togliatti non solo è subito balzato agli onori delle cronache diventando assumendo immediatamente il ruolo di possibile successore di Pier Luigi Bersani nella sfida contro Matteo Renzi per la leadership del Pd.

Ma è stato immediatamente promosso dai grandi media nazionali a demiurgo del grande progetto di ritorno al modello di partito di massa radicato nella società proprio dell'esperienza del Partito Comunista Italiano. Qual'è la ragione che giustifica un credito così immediato ed ampio per Fabrizio Barca? Non i suoi titoli accademici e neppure l'esperienza di ministro nel governo Monti. La ragione principale è che Barca è il figlio di Luciano Barca, economista e stretto collaboratore di Enrico Berlinguer. Cioè fa parte di quella aristocrazia nata dalla vecchia guardia comunista che, forse per essere stata figlia di un Dio minore, ha prodotto generazioni di figli di un Dio assolutamente maggiore e superiore. Il titolo su cui Barca poggia la sua ambizione di riformare il Pd, la sinistra e l'intera politica italiana è , dunque, un titolo esclusivamente nobiliare.

Che sicuramente è supportato da grandi capacità personali, ma che per chiunque abbia un minimo di buon senso e non si voglia abbandonare al conformismo di massa prodotto dai media progressisti rappresenta una anomalia molto più inquietante di quella costituita da Beppe Grillo e dai suoi dilettanti allo sbaraglio come definiti dall'altro grande anomalo Silvio Berlusconi. In questa luce il caso Barca diventa fin troppo illuminante della reale anomalia esistente nel sistema democratico del nostro paese. Che è quella segnata dalla presenza di una casta chiusa che si perpetua da generazioni e che pretende di conservare il proprio predominio politico, economico e culturale sul paese in nome di dei propri quarti di nobiltà conquistati nel secolo passato.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:51