Chiesa, Europa e giustizia

Non è vero che questa campagna elettorale non serva a nulla visto che pare destinata a produrre solo ingovernabilità ed a creare le condizioni per rendere brevissima la prossima legislatura. Sarà pure vero che questo sarà il risultato finale e più significativo, ma è altrettanto vero che qualche risultato, parziale ma importante, è già stato ottenuto sul piano del chiarimento di alcune questioni fino ad ora molto oscure e confuse. E sarebbe sbagliato non tenerne conto. Perché la probabile prossima ingovernabilità potrà essere curata anche grazie a questi significativi chiarimenti.

Il primo riguarda il ruolo sostanzialmente inesistente giocato dalla Chiesa nella partita elettorale in corso. I tempi del partito unico dei cattolici sembrano lontani quanto il Medio Evo. Ed anche il tempo della strategia di infiltrazione e di condizionamento delle maggiori forte politiche da parte dei cattolici portata avanti con impegno ed intelligenza dal Cardinale Ruini appare ormai irrimediabilmente passato. Questo è il tempo della frantumazione del mondo cattolico, che aveva tentato nei mesi scorsi di percorrere la strada del ricompattamento all’insegna del neo-centrismo, ma che ben presto ha dovuto prendere atto della impraticabilità di un percorso del genere. Ne consegue che ad influire sulla campagna elettorale non è il mondo cattolico ma le sue divisioni e lacerazioni. Con la conseguenza che il neo-centrismo oggi espresso da Mario Monti non ha alcuna spinta propulsiva ed i cattolici, estromessi dal Pd, inesistenti nel resto della sinistra, marginalizzati dai tecnici al centro, hanno una qualche presenza significativa solo nel Pdl. E solo perché nel partito di Berlusconi la vecchia classe dirigente si è arroccata su se stessa e di questa classe dirigente fanno ancora parte i cattolici dell’era Ruini. 

Il secondo ed importante chiarimento riguarda il rapporto tra il nostro paese e l’Europa. Un rapporto che al di là degli europeismi di maniera e di facciata espressi da tutte le forze politiche in campo (soprattutto quelle di sinistra) appare ogni giorno di più come un rapporto di subalternità e di dipendenza. Le sortite di questo o quel esponente politico europeo in favore di Monti, contro Berlusconi e di preoccupazione per la presenza di Vendola accanto a Bersani non sono solo dei boomerang che danneggiano Monti, sostengono Berlusconi ed aiutano Vendola ma sono il segno preciso della convinzione dei gruppi dirigenti di Bruxelles, di qualunque partito siano, che l’Italia debba essere trattata così come è stata trattata a suo tempo la Grecia. Cioè all’insegna della tesi che se le elezioni non dovessero andare come voluto dai vertici europei, si rifanno sotto la minaccia del ritiro di ogni forma di aiuto. Fino all’inizio della campagna elettorale questa forma di neo-colonialismo dei vertici europei espressi dai paesi del Nord era ancora offuscato e nascosto. Adesso è venuto alla luce in maniera netta e precisa. Ed il chiarimento è fin troppo importante visto che non può essere la subordinazione neo-coloniale il ruolo che il nostro paese può svolgere per contribuire ad accelerare il processo di integrazione politica europea.

Il terzo chiarimento, infine, meno importante dei due precedenti ma forse addirittura più significativo, riguarda lo stato della giustizia in Italia ed è stato provocato dalla incredibile polemica scoppiata tra Antonio Ingroia e Ilda Boccassini. Può essere che questa polemica sia il frutto di antichi e sconosciuti rancori personali tra queste due icone del giustizialismo nazionale. Così come può essere che ci possano essere infinite altre ragioni a spingere il simbolo della procura di Palermo a scontrarsi in maniera così plateale con il simbolo della procura di Milano. Ma il risultato non cambia. Ed il risultato è nell’opinione pubblica italiana serpeggia la paura di avere una giustizia amministrata da magistrati che si lasciano trascinare dalle proprie passioni in maniera così plateale e sgangherata.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:14