Mario Monti avrà pure dimestichezza con i conti, ma per la politica non sembra sia molto portato. Avventurarsi in profferte di ipotetiche collaborazioni con il Pdl ponendo la condizione di non volere avere a che fare con Berlusconi, non so se sia più ingenuo o provocatorio. Di certo è disarmante che finga di non sapere che il Pdl è Berlusconi. Se voleva, con la sua uscita, una risposta definitiva al riguardo, magari perché nutriva dei dubbi, gliel’ha data chiara e definitiva Alfano ribadendo, davanti ai candidati del suo partito, che il Cavaliere è l’anima, l’essenza, l’immagine - tutto insomma - del Pdl. E giù applausi dalla platea entusiasta che davvero ritiene di aver vinto la partita elettorale, come ripete instancabilmente il lìder maximo fino a convincersene.
Una platea di “fedelissimi” come piacciono al capo, ed indisponibili al dissenso come pure alla più banale delle critiche. Infatti, con la scusa del rinnovamento, ha cacciato via tutti gli altri, presentabili ed impresentabili, salvando ovviamente gli innumerevoli “non-presentabili” sapendo che mai e poi mai faranno valere le loro opinioni contro i suoi diktat. Ovviamente, siccome è un uomo generoso e grato, Berlusconi ha promesso che a tutti i parlamentari uscenti esclusi dalle liste invierà un caldo messaggio “scritto di suo pugno”. Consiglio disinteressato: si risparmi la fatica. I destinatari sono piuttosto incazzati, salvo quelli che hanno rinunciato volontariamente e che dello scritto autografo non saprebbero comunque che cosa farsene. Monti pensa davvero di convincere un partito dominato da un uomo di tal fatta a prescindere da lui ed avviare un dialogo? Vogliamo ritenere che l’uscita del Professore sia stata una boutade elettorale per sfrucugliare i pidiellini o forse per pareggiare il conto dopo aver definito, qualche giorno fa, “gloriosa” la storia del Partito comunista italiano.
Una storia che possiamo tranquillamente ritenere interessante, coinvolgente, importante ma proprio “gloriosa” no, non foss’altro per essere stata tutt’una con lo stalinismo ed i suoi cascami totalitari, giustificati sempre e comunque in maniera adorante. Fino a quando l’Unione Sovietica non è crollata nessuno dei comunisti italiani ha mai seriamente preso le distanze dal Pcus, neppure Berlinguer che, per quanto consapevole della “fine propulsiva” della Rivoluzione d’Ottobre, era pure conscio che una rottura traumatica con il Cremlino non era nell’ordine possibile delle cose. E certo ne soffriva intimamente dal momento che dalla sua indiscutibile statura morale giudicava il fallimento criminale del socialismo reale. Se, dunque, Monti ha voluto in poche ore far dimenticare una gaffe facendone un’altra bisogna dire che c’è del metodo nel suo bizzarro approccio alla campagna elettorale. Si è rivelato un vero centrista del quale francamente nessuno sentiva il bisogno (poveri noi che per un breve tempo lo abbiamo addirittura considerato un conservatore...). Potrebbe anche darsi che il premier, distratto dal nuovo clima nel quale si è immerso, immagini davvero di aprirsi una strada tra due poli morenti, ma per sua disgrazia ancor più agonizzante è il suo polo, quello della cosiddetta “società civile” che in un colpo solo ha cannibalizzato Casini ed ha annullato completamente Fini che nessuno ormai sonda più dandolo come “altri di centro”. Complimenti.
Se proprio avesse voluto portare lo scompiglio nel campo di Agramante, il professor Monti avrebbe dovuto resistere a Fini, Casini, Riccardi e quanti altri gli hanno impedito di avvalersi di una lista di centrodestra, composta da personalità provenienti dal Pdl e non solo, che avrebbe attratto i tantissimi delusi dal berlusconismo e le innumerevoli vittime della mattanza consumatasi a Palazzo Grazioli dove è andata in scena la più sanguinosa delle ordalie politiche che la storia della Repubblica ricordi. In nome di una inspiegabile “purezza” ha rinunciato a milioni di voti che avrebbero potuto avvicinarlo al traguardo dal quale è terribilmente lontano. No, certamente non gli facevano schifo i fuoriusciti dal Pdl, ma potevano infastidire Fini e Casini. Un’altra lista concorrente sarebbe stata insopportabile. Ecco allora Monti, per il quale la soglia del 15% appare al momento un miraggio, tentare dissennate incursioni da una parte e dall’altra raccogliendo diffidenze e sberleffi. Si acconci piuttosto a fare da stampella a Bersani, ma non lo metta in imbarazzo con giudizi così poco realistici sul vecchio Pci. Cosa pretende che gli risponda? Che “gloriosi” sono stati anche i complici dei carnefici che inneggiavano all’Urss, al Pcus, alla Cina, a Cuba e giacché c’erano anche alla Corea di Kim Il Sung?
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:43