Un Pannella demistificato

«Negli ambienti politici romani ha cercato di farsi strada, da qualche tempo, il signor Marco Pannella. Per chi non lo conoscesse, spieghiamo che si tratta di un “ex giovane” del Partito Radicale, divenuto “segretario” del medesimo all’indomani della dissoluzione e scomparsa di questo partito dalla topografia politica nazionale. Oggi il signor Marco Pannella, dopo una serie di approcci più o meno felici con le forze politiche della sinistra operaia italiana (e anche con il Psiup) sembra approdato a lidi per lui più congeniali: la “Nuova Repubblica” di Pacciardi. Dalle colonne del fogliastro di questo ridicolo e sporco movimento, il Pannella, infatti, impartisce severe lezioni “rivoluzionarie” e di “sinistra” a tutto il movimento operaio italiano e in particolar modo al Pci.

La nuova bisogna cui si dedica il signor Marco Pannella è stata immediatamente sottolineata dalla “Fiera Letteraria” (democristiana) che ha ripreso l’intervista sul “Pci demistificato” da Pannella. Non avremmo dato peso alle evoluzioni e inversioni di tendenza a questo signore se non sapessimo che, costui e taluni suoi colleghi, sogliono farsi avanti, come “amici” nei nostri dibattiti, assumendo poi in essi la linea non della critica ma quella della provocazione. Ciò tanto per la verità, documentabile – per chi ne avesse voglia – con le baggianate anticomuniste scritte dal Pannella per il giornale di Pacciardi, e ciò per mettere in guardia le nostre organizzazioni e i nostri compagni sulle attività di certi “amici”. Meglio perderli che trovarli».

Il corsivo che avete appena letto, è stato pubblicato su L’Unità del 24 agosto 1966. L’ipotesi dell’accordo tecnico elettorale per la regione Lazio con Francesco Storace ha sollevato fuori e dentro il mondo radicale una quantità di reazioni, in molti si sono dichiarati in dissenso con questa ipotesi, o quantomeno perplessi. Ed è bene che ci sia dibattito, riflessione, confronto. Nessuno, credo, si augura e vuole che i radicali siano organizzati come in una caserma dove si crede, si obbedisce e si combatte. Che dirigenti e militanti si esprimano come credono e sanno su questa come su qualunque altra questione, è più che positivo, una ricchezza per tutti.

Il citato corsivo conferma un fenomeno curioso: prendendo come occasione la vicenda Storace, cosa si dice e scrive di Pannella e dei radicali? Che il Pannella e i radicali di venti, trent’anni fa erano “buoni”; poi sono degenerati; il Pannella e i radicali di “oggi”, sono “pessimi”. Però anche venti, trent’anni fa dicevano che Pannella e i radicali erano “pessimi”, degenerati, mentre quelli “buoni” erano quelli di cinquant’anni fa. È da credere che fra venti, trent’anni, faranno la stessa cosa: Pannella e i radicali “buoni” sono sempre quelli al passato, mentre quelli del presente sono “pessimi”. 

Quello del 1966 è forse il primo corsivo che Pannella si è guadagnato nella sua lunga vita politica. Poi ne sono seguiti tantissimi altri: “anticomunista”; solleva “polveroni”, farneticante; autore di plurime “mascalzonate”, esibizionista, smargiasso, fa politica sulla pelle delle donne, preda di cupidigia ed avventurismo, un inquisitore... C’è da ricavarne istruttive (e amaramente divertenti) lezioni. Naturalmente a saperlo e volerlo fare. Ma lo si sa e vuole fare?

Tutti presi dallo “scandalo” Pannella-Storace, nessuno ha mostrato di accorgersi di quello che c’è a monte di questa vicenda. La pervicace e deliberata azione, da parte del Pd, di liquidare i radicali. A livello nazionale perché sarebbero inaffidabili; in Lombardia perché la parola “Amnistia” non è gradita; in Lazio perché non ci si è piegati al diktat di liquidare i due consiglieri regionali uscenti Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo. Nicola Zingaretti, un po’ pateticamente, ha cercato di accreditare la tesi che, avendo chiesto a tutti i consiglieri uscenti di fare un passo indietro, non poteva derogare con i radicali: anche Rossodivita e Berardo dovevano essere “sacrificati”. 

La differenza è che mentre i consiglieri del Pd, pur all’opposizione, non l’hanno fatta, e spesso sono stati partecipi di quanto fatto dalla maggioranza, i due consiglieri radicali hanno sollevato il coperchio del malaffare, e consentito che l’opinione pubblica ne venisse a conoscenza. Dire, e comportarsi come se tutti fossero uguali significa sempre e solo premiare il peggiore. E comunque è un davvero curioso rinnovamento quello predicato e attuato da Zingaretti e dal Pd. Ci si può dire che fine hanno fatto l’uscente Bruno Astorre, l’ex presidente del consiglio regionale che faceva parte dell’ufficio di presidenza dove si deliberavano gli stanziamenti sui quali è in corso una inchiesta della Corte dei Conti? Che fine hanno fatto i consiglieri Carlo Lucherini, Claudio Moscardelli, Daniela Valentini, Francesco Scalia, Marco Di Stefano? Che fine ha fatto Esterino Montino, e – già che ci siamo – consorti e parenti? 

Per fare qualche esempio concreto: se Montino non è più adatto, o non è all’altezza del consiglio regionale, come può esserlo per la guida del comune di Fiumicino? E perché gli altri, se non sono più adatti, o all’altezza, per il consiglio regionale lo sono per il Senato e la Camera dei Deputati? Non è bizzarro un rinnovamento che  passa preliminarmente dal taglio della testa (taglio politico, s’intende) di coloro che hanno denunciato lo scandalo e hanno consentito alla pubblica opinione di venirne a conoscenza? 

Questo è il punto. Poi, certo, discutiamo pure di Pannella, della sua vanità e del suo essere eccentrico, e di tutto quello che vogliamo. Però la questione vera è: il Pd ha voluto e vuole assassinare i radicali. Forse può riuscirci. Tutti noi, come le stelle, restiamo a guardare? O ci si deve indignare solo e soltanto per l’ipotesi di accordo tecnico con il fascista Storace, mentre – al contrario – liquidazione radicale ad opera del Pd è cosa che va lasciata passare in cavalleria?

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:43