
Emilio Giannelli, avvocato ed ex direttore della Fondazione del Monte dei Paschi di Siena è lo stesso Giannelli che disegna da anni vignette satiriche sulla prima pagina del Corriere della Sera. Quella dedicata alla vicenda Mps è significativa, oltre che esilarante: ritrae Pier Luigi Bersani che spiega come il Pd faccia il Pd e le banche fanno le banche suscitando, come reazione di chi lo ascolta, un Monte di risate.
La satira di Giannelli, che scherza per diretta e personale cognizione di causa, coglie nel segno. Pierluigi Bersani può ripetere all’infinito il mantra giustificatorio della separazione netta tra il proprio partito ed il Monte dei Paschi di Siena. Ma il suo guaio è che più lo ripete più si alza il coro di risate dell’opinione pubblica nazionale. Perché sarà pure vero che formalmente il Pd fa il Pd e il Monte dei Paschi fa il Monte dei Paschi ma è ancora più vero che dal secondo dopoguerra ad oggi a Siena il Pd è il Monte ed il Monte è il Pd. Il tutto non in maniera nascosta, riservata, ammantata da una separazione formale che celava un intreccio sostanziale. Niente affatto. Il tutto in maniera dichiarata, ostentata, esaltata. Ad esibizione perenne di un modello invidiabile di una grande e storica banca, la prima nata al mondo, gestita con le regole della democrazia di base espressione del territorio. Che questa democrazia di base esprimesse per decenni e decenni sempre e comunque un partito unico che controllava il comune, la fondazione ed i vertici dell’istituto bancario senese e che a loro volta i vertici bancari, la fondazione ed il comune fossero gli strumenti di formazione del consenso per il partito unico non veniva indicato come una anomalia. Al contrario, veniva esaltato come la dimostrazione più lampante della validità democratica del cosiddetto sistema di potere tosco-emiliano del partito erede della tradizione e della storia del Pci.
Bersani, naturalmente, fa il suo mestiere. E di fronte alla grandine che sta investendo il Pd per la vicenda del Monte dei Paschi non può fare altro che aprire l’ombrello formato da una patetica bugia. Ma è chiaro che un ombrello del genere, quello formato dalla tesi fasulla della separazione tra il Pd e la banca senese, fa acqua da tutte le parti e pone il segretario dei democrats in una posizione di estrema difficoltà nell’ultimo e decisivo mese della campagna elettorale.
Beppe Grillo è già partito all’attacco della sinistra bancaria del Pd e del suo manutengolo Mario Monti, lanciando l’accusa che i soldi dell’Imu servono per ripianare il buco di Mps. Ad ingroia non pare vero cavalcare lo scandalo per tentare di strappare ancora voti a Bersani e Vendola in evidente e crescente difficoltà sotto l’accusa di puntare ad una alleanza post-elettorale con Monti per conservare e perpetuare all’infinito il sistema di potere del Pd. Ed anche se il Cavaliere non affonda e non incalza a causa dei suoi storici rapporti personale con la banca senese è fin troppo evidente che ha tutto da guadagnare dal divampare di una polemica che oltre ad investire la sinistra colpisce anche il governo dei tecnici che non solo non ha controllato ma che che ha addirittura cercato di nascondere e disinnescare lo scandalo.
Nessuno è in grado di prevede se e quanto questa vicenda possa incidere sulla campagna elettorale del Pd che era stata presentata come la marcia trionfale di Bersani verso Palazzo Chigi. Ma è facile prevedere che le polemiche accompagneranno il segretario del Pd per tutto il mese di febbraio e trasformeranno la preventivata marcia trionfale in un dolorante calvario. La vicenda Mps è esplosa nel momento in cui, come ha detto Monti a Davos senza rendersi neppure conto delle proprie parole, la crisi finanziaria è alla fine e quella sociale è all’inizio. E se la crisi sociale divampa con chi se la può prendere la maggioranza dei cittadini imbufalita per la recessione usata come mezzo di cura della crisi finanziaria se non con i politici da una parte e le banche dall’altra? E che c’è di meglio per la rabbia popolare che scaricarsi contro quel partito che per decenni ha avuto una banca e solo per un caso non è riuscito a conquistarne un’altra? E se queste elezioni segnassero non il trionfo ma la fine della sinistra bancaria?
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:20