
La differenza attuale tra Marco Pannella ed Emma Bonino si può misurare sulla “riverenza” ai tabù del politically correct. Che il primo non tributa per nessun motivo e che la seconda invece riconosce soprattutto per riguardo a se stessa e a tutti quelli che ne agevolano la scalata politica. Prendiamo i valori del cosiddetto antifascismo: con la vicenda di Storace e del suo taxi, poi rimasto in panne, per traghettare la pattuglia radicale alla Regione Lazio, il super Marco nazionale ha ribadito la propria derisione per i valori sempre sbandierati dell’antifascismo militante (“il fascismo dell’antifascismo”) che la sinistra risveglia dalla cripta solo durante le campagne elettorali.
La Bonino invece, almeno formalmente, a quei valori si è inchinata. Certo mascherandoli con “coerenza alle battaglie” della lista Bonino-Pannella, in paragone a quelle targate “Dio, Patria e famiglia” propugnate, almeno a parole, da Storace. Ma la divisione tra i due leader, a ben vedere, è proprio quella descritta domenica da un memorabile articolo di Vittorio Macioce su Il Giornale: Pannella rimane radicale, Bonino “evolve” verso il radical chic. E quindi, frequentando quest’ultima ormai da tempo i salotti convegnistici di Amato e D’Alema, presentata al colto e all’inclite come una figura internazionale, al cui rango in effetti appartiene a pieno titolo, non ha più voglia di sporcarsi le mani con le battaglie di principio e di paradosso che invece sono l’essenza del radicalismo pannelliano. Insomma, usando una terminologia marxistoide, si potrebbe dire che Emma si è imborghesita.
E anche il suo atteggiamento rispetto all’ex collega Monti si inquadra in questa ottica: pazienza tasse, recessione e riforme a metà, Monti è meglio non criticarlo troppo. Laddove Pannella lo ha già inquadrato per quello che è: la foglia di fico, ormai sfilacciata, dei vari Casini, Fini e di una manica di riciclati clericali alla Binetti o di personaggi in cerca d’autore di cui ha riempito le liste elettorali. Ma è rispetto al Cav e ai suoi che la differenza di vedute tra Emma e Marco comincia ad essere devastante. La prima, forse inconsciamente infastidita da un comportamento intollerabile per quella vetero femminista che in fondo fondo dorme dentro di lei, sta sulle posizioni delle donne di “se non ora quando”.
Il secondo, cioè Marco, si limita a prenderlo per i fondelli, cercando di fare tornare in lui quell’afflato iper liberale, liberista e libertario che era proprio del personaggio prima che venisse contaminato e inquinato dai vari Letta, Bossi, Buttiglione, Giovanardi, Gasparri e così via. Insomma, sotto sotto, quello tra Marco e il Cav è stato un amore breve e infelice ma non dimenticato, una sorta di coitus interruptus nel lontano 1994. Per Emma invece, l’individuo, anzi “il porco”, è inaffidabile e va posto nel dimenticatoio. Se non peggio. Conseguenza e corollario di questa opposta visione dell’universo del centrodestra (e la vicenda in cui Storace ha fatto la figura del Voltaire italiano rispetto al perbenismo ipocrita di Zingaretti che ha gabellato per rottamazione la vendetta postuma sul duo di rompitori di uova nel paniere dei gruppi regionali, cioè Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo, è molto indicativa della “versione di Emma”, è anche il differente approccio con il Pd e la galassia del centrosinistra.
Se a Emma arriva addirittura un invito, respinto, da parte di un giustizialista doc come Ingroia per fare la capolista al Senato, a Marco giungono gli insulti su internet e gli sputi in piazza. Che lui continua a ricambiare con le proprie intemerate provocazioni. Perché per Pannella l’antifascismo militante è la caricatura da operetta di uno stato che conserva, grazie al burocratismo del Pci prima e del Pd poi, il proprio immutato autoritarismo. E il ventennio fece poca cosa, guerra a parte, sulla mentalità codina e conformista dell’italiano medio rispetto ai sessanta anni di finta democrazia partitocratica di cui il Pci è stato uno dei pilastri e dei protagonisti.
Una volta anche Emma la pensava così, poi l’ambizione da euroburocrate e i salotti buoni che frequenta, senza Pannella, le hanno intenerito il cuore e imborghesito la mentalità radicale. E siccome Marco ormai è un po’ in là con gli anni, chi glielo fa fare a seguirlo nelle battaglie più difficili ed estreme che di certo non portano voti? La “principessa” ha altri programmi: punta in alto, una vita da “grilla parlante” non fa per lei.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:41