
Pare che Mario Monti stia preparando una Agenda 2, cioè un programma elettorale meno indeterminato e più definito della Agenda con cui ha avviato la sua salita in campo. E che lo stia facendo con un riserbo tale da suscitare preoccupazione non tanto tra i suoi avversari, che non credono alle virtù miracolose di un più attenta definizione del programma di governo dell’attuale premier, quanto dei suoi più stretti alleati dell’Udc e di Fli tenuti totalmente all’oscuro dei propositi del candidato Premier della loro coalizione. In realtà a preoccupare Casini e Fini non è ignorare se Monti si appresti ad annunciare che forse vuole rivedere una Imu già definita impossibile da modificare. O che voglia lanciare il suo “contrordine compagni” sull’introduzione del redditometro all’insegna del principio innovativo che gli evasori non vanno più combattuti ma solo convertiti. Il timore del leader dell’Udc e del leader di Fli è che il premier possa compiere in campagna elettorale qualche ulteriore mossa destinata a cannibalizzare ulteriormente i loro partiti a beneficio della propria lista civica sempre più caratterizzata da una linea caratterizzata dall’antipolitica e dall’antipartitismo.
Il dato che più inquieta non solo Casini e Fini ma soprattutto i dirigenti ed i militanti dei rispettivi partiti è quello dei sondaggi. Che danno l’area montiana tra il dieci ed il quindici per cento, ma che precisano anche come queste cifre nascondano la circostanza di una Lista Civica di Monti che non strappa voti ad un Pdl dato da tutti in forte recupero e neppure ad un Pd aggredito dalla concorrenza di Ingroia, ma prende voti all’antipolitica di Grillo e, soprattutto, ai suoi stessi alleati. Casini, che era partito nei mesi scorsi da sondaggi che vedevano l’Udc oltre il 6%, oggi scopre che il suo partito è accreditato appena del 3,5% e che la metà dei suoi elettori è passata armi e bagagli a sostenere la lista civica di Monti. Fini, poi, deve prendere drammaticamente atto di un fenomeno ancora più tragico: Fli, non solo a causa della concorrenza montiana ma anche della sua totale assenza di identità politica, non è più un partito ma solo una zattera di salvataggio per se stesso e per qualche intimo privilegiato.
L’effetto Monti, in sostanza, che in origine e nei disegni di Casini e Fini doveva essere di svuotare il Pdl e fare dell’area centrista il nuovo asse politico del paese capace di dialogare in condizione di parità con la sinistra data per sicura vincente, non è di svuotare il bacino elettorale del Cavaliere ma di cannibalizzare i suoi stessi alleati trasformandoli da protagonisti in comparse della scena pubblica nazionale. L’errore fatto dai leader dell’Udc e di Fli è stato di appiattirsi totalmente sulla linea di Monti perdendo qualsiasi identità e specificità politica. Ed il prezzo di questo sbaglio non è solo in termini di voti che, logicamente, non si fermano sugli imitatori ma si rivolgono all’originale.
È in termini anche di prospettive personali. Casini, che solo qualche mese fa non nascondeva l’ambizione di poter correre per il Quirinale, oggi non viene preso in considerazione neppure per un posto in un ipotetico governo Bersani-Monti e rischia di assumere il ruolo di mesto liquidatore dell’Udc. E Fini, che avrebbe voluto tornare alla Farnesina o assumere comunque un qualche ruolo istituzionale, scopre con angoscia la possibilità di entrare nella nuova legislatura nel ruolo di principale rottamato del vecchio panorama politico per mano non dell’odiato Cavaliere ma dell’osannato Professore. Si dirà che neppure due navigati professionisti della politica come loro avrebbero potuto mai prevedere una sorte del genere. Il chè è vero. Ma è anche la dimostrazione che i professionisti sono usurati. E vanno messi in pensione!
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 15:21