
Do you remember “casalinga di Voghera”, la leggendaria figura simbolica della donna italica che incarna e mondializza il senso comune appreso dalla tv? Sembrava essersi assopita, quasi dimenticata, se non eliminata dall’irruzione del popolo del web guidato dalla coppia assassina Grillo&Casaleggio, ed invece rieccola di nuovo materializzarsi fra le cupe scenografie dell’altra coppia Santoro&Travaglio per sancire, quasi venti anni dopo, la supremazia del re del medium dal quale aveva derivato, lei pure casalinga per di più vogherese, le stimmate della vox populi.
Grande riscossa della tv in quest drole de guerre.The King ad I, il re dei re e l’io della vulgata televisiva, il king maker del consenso mediatico, cos’altro ancora per evocare al meglio il ritorno dell’eroe dato per morto, la riapparizione del suo impero mediatizzato (e politico) sui colli fatali italici. E cos’altro, ancora e di più, per insistere su una massima che proprio lui, il Cavaliere appena resuscitato, aveva consegnato, fin dalla lontana discesa in campo con tanto di luci soffuse e sondaggi alla mano, alla gauche incredula: mai sottovalutarmi, mai darmi per morto, mai archiviarmi
Io sono colui che parla, sono il logos incarnato nell’elettrodomestico più sicuro e più ammirato, sono la voce di colui che grida nel deserto, un po’ profeta e un po’ imbonitore, un po’ Jesus Christ Superstar e un po’ gigione del palcoscenico. Sono l’immagine che il medium diffonde invadendoci non come il fuoco ma come l’acqua e perciò nessun interstizio è lasciato vuoto e immune dal liquido che si espande e tanto più cresce quanto più è provocato, chiamato alle armi, costretto ad alzarsi in piedi e a lottare.
Si dirà che non basta, non può bastare un clamoroso share su La 7 per sancire una vittoria ancora di là da venire. E certo, chi non è d’accordo sulla fluidità di un picco d’auditel che rischia, nel tempo, di scemare se non di ritorcersi contro poichè il 24 febbraio è di là da venire. Ma, intanto, rieccolo il gladiatore che sembrava smorto e silente, in preda a depressioni da Ruby, da condanne piombate su Villa Cernetto e da minacce di morte politica dietro ad ogni tradimento annunciato, ad ogni primaria promessa, ad ogni Samorì/Ciocorì inventati lì per lì.
Eppure, insomma, il Cavaliere c’è... e di colpo la campagna elettorale si è come impennata, ha cambiato strada e impresso un vento diverso, una direzione nuova.
E gli altri sono di colpo sembrati inadatti, unfit. Cosicchè, le truppe stanche e smorte rassegnate alla sconfitta senza neppure combattere, hanno rialzato il capo, rimesso una marcia più veloce alla stanco declino, all’inarrestabile default. Certo, la immanente e perenne necessità di un un uomo solo al comando del Pdl (o di ciò che ne resta) è la prova provata che senza di lui non ci sarebbero neppure i resti del Pdl e nepure le liste d’appoggio. Ma neppure quella obbligatoria presenza, in una democrazia, di una voce antagonista che non sia quella dello sbraitamento grillesco o della forca del riverniciato partito delle toghe. C’era un vuoto e c’erano gli astenuti, c’era e in parte c’è ancora una massa imponente di delusi e di illusi, anche, soprattutto da lui ,dalla Lombardia alla Sicilia.
Un vuoto che la politica non tollera, esattamente come non fu tollerato in quel 1994 quando scomparvero su azione giudiziario-giustizialista, i cinque partiti democratici, e lui lasciò la “trincea del lavoro per scendere in campo” in nome, allora del’antipolitica, della società civile (proprio così) del paese che lavora e che produce. Usò lo strumento di cui era ed è il re indiscusso ma sottovalutato perchè “di plastica” e vinse. Seppe colmare un cratere svuotato dall’annientamento altrui con una proposta politica. La televisione come mezzo principe al servizio di una progetto che non si è realizzato,di un partito liberale di massa che non c’è, di brandelli di realizzazioni che sono il bagaglio emblematico di un’esperienza che, pure, ha segnato un vetennio. E adesso,è ancora questa tv che si prende la rivincita ed è sempre lui che riempie un vuoto, ma questa volta il suo, un vuoto a volte colpevole a volte costretto, un vuoto dentro il quale i facili entusiasmi bersaniani di una vittoria a portata di mano sembrano oggi mortificati: perché ciò che conta è non darsi per vinto, ciò che vale è rialzarsi, l’eroe non può arrendersi.
A differenza del neanche quarantenne e vincitore morale Renzi, un ultresettantenne dato per missing, non si ritira nell’orticello di casa, ma si veste dell’armatura fornitagli dall’avversario santoriano per battersi contro tutto e contro tutti.
Perchè anche l’eroe può cadere. Ma in piedi.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:49