Pdl nella tempesta, e senza timoniere
I venti del risentimento, della rabbia, dell’intolleranza squassano il Pdl. Nave senza nocchiero in gran tempesta, come direbbe il Poeta, sta andando a sbattere contro la dura scogliera. Il timore è che non si salvi nessuno. Il suo capitano l’ha platealmente abbandonata. Per quante ragioni potesse avere, l’ultimo assalto alla sua stessa creatura gli toglie qualsiasi alibi. Nulla può giustificare, infatti, una così radicale inimicizia verso coloro che lo hanno seguito, difeso, protetto.
Silvio Berlusconi ha perduto l’ultima occasione per uscire dalla scena politica a testa alta. Quel suo gesto di lasciare il timone ad altri sembrava, soltanto qualche giorno fa, l’epilogo decoroso di un’avventura ormai finita che però ne prefigurava un’altra: l’unione di tutti i moderati, in un fronte organico e plurale, per provare a battere la sinistra ed elaborare un progetto di rinnovamento istituzionale ed economico intorno al quale chiamare a raccolta la stragrande maggioranza degli italiani.
Tutto è naufragato in poche ore. Le ore della vendetta cieca e assoluta per una sentenza che seppure ingiusta non avrebbe dovuto inficiare un percorso avviato e salutato con interesse proprio da chi si voleva coinvolgere e finora si era mostrato riluttante, sono state devastanti e le conseguenze ricadranno non soltanto sul partito del Cavaliere, ma sulla politica e sugli interessi nazionali.
L’intemerata berlusconiana, infatti, ha distrutto le residue possibilità del centrodestra di riprendersi e di rinnovarsi. Non credo che in tempi brevi si riuscirà a rimettere in sesto un’imbarcazione tanto rovinata. Mentre ci chiede che cosa ne sarà di un mondo, per quanto frastornato pur sempre in attesa di essere ricompattato, platealmente tradito da chi in un anno è stato capace di capriole politiche degne di un acrobata consumato. Dall’appoggio al governo Monti allo scetticismo verso lo stesso all’entusiasmo manifestato per l’azione del professore e dei suoi tecnici fino alla minaccia di toglierli la fiducia soltanto due giorni dopo: si può dire che Berlusconi non si è fatto (e non ci ha fatto) mancare niente.
Neppure le giravolte su Alfano culminate nella oggettiva pugnalata finale e le bizzarre idee sulla politica economica rivendicata e poi sconfessata. Non gli piace Equitalia, non gli piace l’Imu, non gli piace il Fiscal compact, non gli piace il piano della Bce, non gli piace l’Europa germanizzata. 
Ma non ha votato sempre e comunque in favore di tutto questo, anzi addirittura intestandoselo quando era al governo? E perfino sulla Merkel ha forse chiamato ma raccolta il suo partito quando era il caso tanto per far capire all’inossidabile cancelliera che non tutti in Italia erano disposti a sottostare ai suoi diktat? È vero, al Consiglio europeo ha balbettato qualcosa, ma nulla di significativo.
Poi ha scoperto la vena populista ed antieuropea, a babbo morto, insomma, e si è lanciato contro chiunque, ma prima d tutto contro il suo stesso partito, ritrovando un’antica vocazione “rivoluzionaria” che, guarda caso, intende portare a compimento non agitando la bandiera della sovranità nazionale perduta, ma quella della giustizia che lo ha condannato per frode fiscale. Proprio così: ha detto che resterà in campo per combattere la “magistratocrazia”. E con quali armi? Poteva riformarla la giustizia quando aveva la più vasta maggioranza della storia repubblicana, non l’ha fatto perché non è stato in grado di tenere unita la sua coalizione su un piano di ragionevolezza. Deve pagarlo tutto il centrodestra il conto salatissimo di una insufficienza che ha paralizzato la vita politica per anni? Difficile dire che cosa accadrà adesso.
Certo è che Berlusconi è in minoranza nel Pdl. Probabilmente ne prenderà atto e si farà il suo partitino che gli garantirà una sopravvivenza residuale e marginale. Le altre componenti si organizzeranno come riterranno. Ma del centrodestra come lo si immaginava non si parlerà più per molto tempo. Un bel capolavoro, Cavaliere. Complimenti.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:30