Berlusconi e le primarie che uniscono
Le primarie come strumento d’unità. Non solo del Pdl ma dell’intera area del centro destra. La genialità della decisione di Silvio Berlusconi di non ripresentare la sua candidatura a premier e di promuovere una consultazione popolare “aperta” per la scelta del leader dell’area moderata, è proprio nella scelta di usare le primarie per ricompattare lo schieramento alternativo a quello della sinistra.
Inevitabile? Scontato? Obbligatorio? Niente affatto. Perché se era scontato, inevitabile, obbligatorio che il Cavaliere facesse il passo indietro tante volte annunciato nei mesi scorsi, non era affatto così ovvio che lo facesse per riunire e non per dividere la maggioranza degli elettori che non vuole essere governata da Bersani, Vendola e Di Pietro.
Nel Pd, dove le primarie sono state usate inizialmente per organizzare plebisciti per i leader già designati dai gruppi dirigenti (da Prodi a Veltroni), la consultazione popolare per la scelta del candidato premier è diventata la cartina di tornasole della spaccatura profonda esistente nella sinistra tra i post-comunisti alla Bersani ed i neo-democrats alla Renzi. A sinistra, in altri termini, le primarie  stanno mettendo in luce l’esistenza di due concezioni politiche incredibilmente diverse destinate, presto o tardi, a passare dalla competizione al conflitto ed a prendere strade diverse ed alternative. Non a caso Massimo D’Alema ha annunciato che in caso di vittoria di Renzi non avrebbe alcuna esitazione a fare un nuovo partito (cioè il vecchio Pci) con Vendola! A destra, invece, Berlusconi ha puntato sulle primarie per ottenere l’effetto esattamente contrario.
In alternativa, netta ed esplicita, all’ipotesi del cosiddetto “spacchettamento”. Niente polverizzazione del Pdl in tante liste tra loro in lotta feroce (quella delle “amazzoni”, degli ex An, dei lib-lab, dei cattolici di Comunione e Liberazione, dei neo-popolari , dei formattatori e di ogni dilettante in libertà). Ma invito a tutte le più diverse componenti del centrodestra a partecipare a primarie aperte non solo per scegliere il leader ma per segnare in maniera aperta e trasparente i rapporti di forza tra le varie anime dentro uno schieramento necessariamente unitario.
Grazie alla mossa di Berlusconi, quindi, il Pdl evita la polverizzazione e può puntare addirittura ad allargare il perimetro del proprio territorio. 
La Destra di Francesco Storace, ad esempio, potrebbe diventare l’equivalente del Sel di Nichi Vendola per un candidato naturale alle leadership come Angelino Alfano. E quest’ultimo, grazie alle primarie aperte, potrebbe anche tentare di inserire nel progetto della grande alleanza moderata i neo-liberali di Luca di Montezemolo e quelli di Oscar Giannino. Qualcuno ipotizza che in questo disegno potrebbe rientrare anche l’Udc di Pierferdinando Casini. Ma chi prospetta questa eventualità sbaglia. Perché Casini non sarà mai disponibile ad uno schema bipolare ma persegue con coerenza il disegno di restaurare il sistema politico della Prima Repubblica incentrato sulla possibilità del centro di realizzare sempre e comunque la politica dei “due forni” tra destra e sinistra. Con Casini, dunque, non si può dialogare e fissare alleanze prima delle elezioni. Ma sempre e comunque dopo i risultati elettorali. E sempre a patto di essere un “forno” in grado di offrirgli il “pane” da lui desiderato. Ma questo è un altro film. Quello di adesso è che il Cavaliere è uscito dal campo. E con la sua decisione ha prodotto lo stesso effetto di quando decise di entrarci.  

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:09