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C’è una bella diferenza fra quanto avviene le Pd,con l’irruzione della caterpillar di Renzi e il teatro dell’assurdo dentro il Pdl. Qui c’è una curiosa altalena, nel senso che, man mano che scende nei sondaggi, vieppiù aumentano i manifesti politici, le prese di posizione “ideologiche” le iniziative di gruppo: sono le cosiddette sensibilità che si muovono, spesso prendendo la distanza dal Cavaliere. Il quale è pur sempre il fondatore, il padre padrone. O meglio, l’incarnazione stessa della seconda repubblica.

C’è poi chi nel Pdl - che,come sappiamo, nasce dal “predellino” dalla fusione di Fi con An, allontanandone Casini - fa dell’altro, difende il Cav perinde ac cadaver, annuncia sfracelli, profetizza la fine del partito, l’apocalisse prossima ventura a causa, dicono questi agit prop, delle prese di distanza dal Cavaliere ritenuto pur sempre il king maker, l’uomo indispensabile, il cattura voti sempre e comunque. Spiccano, fra questi fan le cosiddette amazzoni - in un paese normale, una simile definizione le ridicolizzerebbe per sempre - un gruppo consistente di parlamentari “nominate” da Berlusconi grazie al Porcellum che immaginando un Pdl senza di Lui, si vedrebbero fin d’ora eliminate o quanto meno esiliate.

Il fatto è che le amazzoni non solo tirano l’acqua al loro mulino ma rispecchiano l’opacità di un sistema elettorale prima e di partito poi che per il Pdl è stata catatsrofica non solo o non tanto per le scelte in sé, meritocratiche o meno (più meno che più), ma per l’impressionanante silenzio del gruppo dirigente Pdl rispetto al modo con cui quelle amazzoni sono state catapultate in Parlamento. Di questo, nessun manifesto, nessuna magna carta, nessun meeting fa cenno, nemmeno di sfuggita. Nel corpaccione Pdl, mai nessuna discussione preliminare mai nessun confronto interno e palese, nessuna osservazione di merito si è avvertita in questi anni: le scelte del Capo non si discutono, ipse dixit, tutto va bene madama la marchesa.

Eppure, già da quelle scelte amazzoniche si doveva capire e, soprattutto dire, sia pure educatamente, che le amazzoni - dentro e fuori i listini - in politica fanno spesso fare brutta figura a chi le promuove in un ruolo improprio senza averne i meriti, a parte il fatto che, per rimanere nel campo delle guerriere,anche Gheddafi ne aveva un corpo speciale che, al momento della battaglia, non sembra abbia eccelso per sprezzo del pericolo. Ed è forse in questa chiave non proprio simpatica e vagamente machista che cresce la polemica contro le amazzoni.

Non vogliamo qui  dare addosso a un gruppo specifico nè desideriamo fare facili ironie, che pure meriterebbe, giacchè le loro minacce di rottamazione altrui farebbero persino sorridere se non apparissero quel che sono, cioè tardive e di autodifesa, un’arma improvvisata copiata da quel genio di Renzi il cui modello, grazie al cielo, si sta imponendo inarrestabilmente, a onde concentriche, a sinistra e a destra. Meno male che Renzi c’è: con le sue provocazioni quotidiane grazie alle quali l’intero quadro politico non sarà più come prima.Perchè una volta posto con determinanzione il tema del rinnovamento, non si fermerà e ciò vale per tutti. Anche se la rottamazione vera dovrebbe riguardare più gli incapaci che chi ha fatte tre o quattro legislature. O no? Eppure,chi l’avrebbe detto una settimana fa che Veltroni abbandonava il Parlamento, e pure D’Alema, ancorché corrusco di minacce, e poi via tutti gli altri, dalla Rosy Bindi in giù.

La cura Renzi per i partiti è la stessa di Grillo per l’Italia,con la differenza che Grillo rischia di portare centinaia di parlamentari nelle Aule privi di qualsiasi preparazione trasformando Montecitorio in un suk, mentre Renzi, se vince, cosa peraltro resa assai complessa dai trucchi escogitati dalla nomenclatura bersaniana, potrebbe immettere energie nuove e preparate e con una certa allure liberalsocialista. E ritorniamo ai silenzi del gruppo dirigente del Pdl, mai tentato da congressi veri a tutti i livelli,travolto prima dall’indigenstione di potere del Porcellum poi dalla scissione finiana per concludere con l’abbandono del governo. Il tutto senza mai una discussione aperta, senza assemblee, senza verifiche pubbliche,senza confronti congressuali, senza ascoltare gli stati generali, senza alternanze di responsabilità - solo l’ottimo ministro Bondi ha lasciato, pur innocente.

Ci si chiede perchè l’attuale moltiplicarsi di iniziative varie e di manifesti impegnativi non si sia verificato prima e non dopo, prima della crisi berlusconiana di un anno fa e non dopo il crollo, ponendo, allora, serie domande politiche e programmatiche, interrogandosi, per fare un esempio, sul rapporto troppo esoso con una Lega che avrebbe innescato la fine del governo, o sull’esigenza di un’immissione di fortissime dosi di liberalismo in un Pdl smarritosi da anni su strade confuse e senza sbocco, o sul progressivo  venir meno di afflati riformatori. Certo, meglio tardi che mai. Un gruppo dirigente avrebbe dovuto e potuto intuire non dopo, ma prima, che la crisi berlusconiana significava la crisi della seconda repubblica, ora nella sua fase tragica e terminale. E nel cui precipizio il Pdl sembra avviarsi senza nemmeno un parapendio...

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:32