Se Matteo Renzi ha le stesse idee di Silvio Berlusconi allora è indifferente votare per l’uno o per l’altro. A voler decifrare in maniera corretta l’endorsement del Cavaliere a favore del sindaco di Firenze, francamente non mi viene in mente altra conclusione. Il leader del Pdl, nel corso della sua traversata adriatica, infatti, ha detto proprio così: «Renzi? È bravo. Porta avanti le nostre idee sotto le insegne del Pd. Auguri». Il centrodestra lo adotti, verrebbe si potrebbe aggiungere. E Berlusconi sarebbe pure d’accordo, sempre che l’interessato fosse disponibile ad accettare l’offerta.
Ormai la confusione politica è alle stelle. Si scambiano lucciole per lanterne. Ed il Cavaliere, non sapendo che pesci pigliare, si attacca perfino ad un temibilissimo avversario (certo molto più agguerrito e pericoloso di Bersani in un confronto elettorale con lui) del quale, con tutta evidenza, ne apprezza il progetto di svecchiamento del Pd, ma non ne conosce il programma posto che non lo ha ancora reso noto se non in minima e perfino trascurabile parte.
Renzi, con tutto il rispetto e l’ammirazione che si può avere per lui, è e resta un uomo della sinistra. Di una sinistra moderata e dialogante, forse perfino un po’ troppo democristiano,ma comunque non inquadrabile, neppure alla lontana in un centrodestra caratterizzati da altri valori politici e da differenti riferimenti culturali.
Il fatto che Renzi intenda innovare il suo partito e, dunque, rottamare i mandarini che lo guidano, non deve indurre in errore proprio chi rifiuta, con il suo atteggiamento, di assecondare il ricambio nel centrodestra contraddicendo la dichiarazione di stima per il competitor di Bersani alla primarie. Renzi un merito certamente ce l’ha, ma Berlusconi probabilmente lo ignora: ha movimentato una forza politica addormentata restituendo entusiasmo ai militanti ed ai simpatizzanti, inducendo la classe dirigente del Pd a prendere atto che la stagnazione la sta consumando, che le lotte di potere al suo interno le stanno facendo perdere l’anima. Ma non è proprio ciò che accade anche nel Pdl di Berlusconi? E perché, se così è, il leader maximo non lo denuncia, non si fa promotore lui stesso dell’azzeramento e della ricostruzione del suo partito posto che un Renzi nel centrodestra non mi sembra che s’intraveda?
Altro che «porta avanti le nostre idee sotto le insegne del Pd». Il sindaco di Firenze sta tentando di fare quello che da tempo tanti elettori di centrodestra chiedono a gran voce a chi si è tappato le orecchie: pulizia, innanzitutto. E in questi giorni la scandalosa vicenda del gruppo consiliare alla Regione Lazio riassume in forme orribili il degrado di una forza politica che doveva essere diversa da come è andata sviluppandosi nei granai del potere. Personaggi privi di spessore politico (di quello morale non vale neppure la pena accennare), senza nessuna cultura, provenienti dal nulla, si sono mostrati famelici e imbecilli, oltre che delinquenti, al punto di infangare storie politiche specchiate, militanze generose, sacrifici appassionati. Imperdonabili non soltanto dal punto di vista giudiziario.
Resta una domanda a fronte di tanto lerciume che purtroppo va accumulandosi ovunque e nessuna forza sembra essere estranea al malaffare partitocratico: chi ha scelto, candidato, fatto eleggere e conferito ruoli di primo piano a coloro che oggi spalancano le porte degli inferi ad un partito che, per quanto criticabile strutturalmente e culturalmente, non meritava di fare la fine che sta facendo?
Ecco, già rispondere a questa domanda sarebbe un buon inizio. Renzi non c’entra nulla. Si parli del Pdl piuttosto, sia pure in crociera.
Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:29