La Penisola della leggerezza

La Penisola della leggerezza. O della vita virtuale. Fate voi. Fatto sta che il mondo rovina, l’Europa affonda, la crisi economico-finanziaria sta cambiando gli assetti planetari, la rivoluzione climatica promette di farci diventare altro rispetto a come siamo e la classe politica, di tutto incurante, si balocca su dispute di straordinario interesse e di indiscutibile attualità. Chi è meglio Togliatti o De Gasperi? È di destra Travaglio per Ezio Mauro o questi è più di sinistra di Padellaro? E Repubblica è davvero il giornale dei progressisti “custodi della Costituzione”, mentre Il Fatto quotidiano è il foglio di una strana razza di “giacobini reazionari”? E ancora: dal momento che nessuno sa dire come, quando, in base a quale legge e con quali alleanze tra sette/otto mesi si andrà a votare, siamo proprio sicuri che finalmente verrà ridata la parola al popolo? E se a sinistra s’incazzano di brutto e si mandano a quel paese tra di loro, a destra come mai c’è un silenzio talmente assordante da far pensare ad uno spopolamento forzato, ad un esilio di massa, ad una ritirata insensata?

In questa Italia, mentre ci si occupa d’altro rispetto a ciò che ci attenderebbe o non ci si occupa addirittura di niente, opera un Grande Fratello dalle sembianze tecnocratiche il quale, oltre a condurci per mano verso il più colossale disastro economico e sociale del dopoguerra, si sta ingegnando nel ridurre i nostri spazi di libertà con la ferma convinzione che a tutto ci adatteremo poiché ai suoi diktat più che impossibile è inutile opporsi. È così che per decreto (ma sembrava troppo anche a chi lo proponeva) il governo Monti, ultima epifania orwelliana, dopo essersi ingerito nei nostri conti bancari, nelle proprietà legittimamente possedute all’estero e sulle quali già pagavamo fior di tasse per poter ulteriormente lucrare su di esse, nelle nostre vite private per valutare dal tenore di vita se è il caso di punire o meno gli scialacquatori a cui nessuno prima aveva mai chiesto conto delle proprie abitudini, adesso scopre che il nostro “stile di vita”, perfino alimentare, non va bene ed intende provvedere tassando tutto ciò che potrebbe nuocere alla nostra salute, dal chinotto allo champagne.

Un nuovo proibizionismo è alle porte? Può darsi. Mentre nel Pd se le danno di santa ragione tra togliattiani e degasperiani, nel Pdl si dividono tra montiani ed antimontiani, tra proporzionalisti e maggioritaristi, tra preferenzialisti ed uninominalisti, e gli altri partiti (partiti?) si dibattono nell’incertezza se stare a destra a sinistra o altrove, a dimostrazione del fatto - per noi ovvio da tempo immemorabile - che il de profundis della politica è già stato cantato, il governo s’impegna nel mettere in scena una parodia di stato etico - che sarebbe meglio definire stato di polizia - surrogato dell’indecisionismo e  strumento per far digerire i deliberati sovrani di Francoforte e di Bruxelles ad un paese sempre più povero.

Insomma, mentre quelle contraffatte forze politiche richiamate giocano a borgognoni ed armagnacchi, fingono di esistere ma non riescono a mettere insieme neppure quattro righe di un emendamento che aggiusti la porcheria di legge elettorale, che si trastullano nell’insultarsi generando indifferenza nei cittadini dopo che questi hanno consumato perfino il disprezzo, il governo, popolato di geni come un certo Balduzzi ministro della Salute, s’impanca nello stabilire i nostri standard esistenziali. A quando un decreto sulla pajata e sui tonnarelli cacio e pepe?

Meravigliarci? E perché. Se coloro i quali dovrebbero mettere la mordacchia ai tecnici di Monti, esagerati perfino quando potrebbero dimostrare davvero di essere sobri, si lasciano prendere per i fondelli da politicanti naïf siciliani eternamente impegnati nel produrre illusioni, come non ritenere “normale” la loro irrilevanza e sperare che prima o poi il popolo li rottami in blocco?

Ecco. La domanda è questa: c’è qualcuno dotato di un po’ di buon senso da immaginare la ricostruzione di un quadro politico, inevitabilmente fondato sui partiti (e non sulle consorterie), capace di ridare un minimo di speranza all’Italia? Insomma, ci basterebbe non sentir parlare più di fascisti e comunisti come categorie politiche, di non vedere più in giro imbroglioni come i sedicenti politici siciliani che fanno e disfano a loro piacimento candidature, tattiche e prospettive tradendo la povera gente, di ascoltare qualcosa di sensato da parte di qualcuno (pochi magari) o magari anche un’utopia tanto per farci sperare o soltanto sognare. Scusate, signori partitanti, se chiediamo troppo e disturbiamo i vostri scampoli di vacanze scanditi - non si capisce perché - da puntualissime dichiarazioni affidate alle agenzie che inevitabilmente non dicono nulla, quando non sono palesemente idiote. Ma a qualcuno dobbiamo pure rivolgerci, sia pure con il dubbio che non serva a niente.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:35