Il partito del circo mediatico-giudiziario

Luigi De Magistris ha annunciato per l’autunno la nascita di un movimento arancione che non sarà il partito dei sindaci ma che sarà guidato da personaggi di grande nome. Oscar Giannino si prepara a trasformare in partito il suo documento contro il declino, firmato al momento da oltre ventimila cittadini. Al tempo stesso i cantieri della politica fanno intravvedere gru al lavoro sul Partito della Nazione di Pierferdinando Casini, sull’alleanza siciliana tra Storace, Micciché, Lombardo e Pdl che potrebbe portare alla nascita di una sorta di “grande destra meridionale”, su tutta quella parte della sinistra antagonista e giustizialista che Violante ha bollato come braccio armato di poteri antidemocratici e su quell’area gassosa rappresentata dal mondo cattolico dove operano Riccardi e Bonanni con l’obbiettivo di rendere solido una qualche “cosa bianca”.

Tutte queste iniziative ed una così ampia serie di fermenti sembrano, però, in aperta contraddizione con la notizia che i partiti maggiori avrebbero definitivamente trovato una intesa sulla nuova legge elettorale incentrata non solo sul premio di maggioranza al partito maggiore e sul ritorno delle preferenze accanto alle liste bloccate, ma soprattutto sullo sbarramento del cinque per cento alla Camera e dell’otto per cento al Senato. Quante delle preannunciate iniziative sarebbero in grado di scavalcare le asticelle poste dal ritorno al proporzionale diretto esplicitamente a privilegiare le formazioni politiche maggiori?

Probabilmente è ancora presto per dare una risposta ad un interrogativo del genere. Perché molti dei lavori in corso potrebbero trovare una qualche unificazione. In particolare quelle di Casini, Giannino, Riccardi e Bonanni. O quelle di Storace, Micciché, Lombardo e Pdl ed altre liste civiche nelle regioni centro-meridionali. E, soprattutto, quella di De Magistris che potrebbe intrecciarsi e fondersi con il blocco giustizialista tanto criminalizzato da Violante. Se in grado di trovare forme di aggregazione comune le prime due iniziative sarebbero in grado di superare lo sbarramento. Almeno quello della Camera. Diverso è il caso della terza ipotesi. 

Quella che sulla carta potrebbe vedere la nascita di una lista comune tra i sindaci della sinistra concorrenziale con il Pd, l’Italia dei Valori di Di Pietro, il movimento cinque stelle di Grillo e qualche personaggio eccellente del mondo della magistratura militante che tanto irrita e spaventa Violante.

Che potenziale elettorale potrebbe avere una lista guidata contemporaneamente da De Magistris, Emiliano, Di Pietro, Grillo ed eventualmente Ingroia? 

E quali conseguenze politiche si avrebbero dalla nascita a sinistra del Pd di una opposizione che segnerebbe la discesa ufficiale nel campo della politica di quel circo mediatico-giudiziario che tanto ha condizionato le sorti del paese negli ultimi trent’anni?

In politica, si sa, non sempre i numeri riescono a sommarsi. Spesso una addizione diventa divisione. 

Ma in questo caso le esperienze recenti di Milano con Pisapia, di Palermo con Orlando e degli stessi De Magistris a Napoli ed Emiliano a Bari, indicano che l’ipotesi di una addizione destinata a trasformarsi in moltiplicazione non sarebbe affatto irrealistica. 

Se il circo mediatico-giudiziario diventa partito, infatti, può esercitare una sorta di irresistibile attrattiva nei confronti di quell’elettorato del Pd che per anni ed anni è stato allevato a pane e giustizialismo quotidiano. Prevedere allora che una lista del genere possa superare non l’asticella dello sbarramento ma la quota fatidica del venti per cento fino ad arrivare addirittura ad ambire a diventare il primo partito provvisto di premio di maggioranza a spese del Pd e del Pdl, dunque, non è affatto irrealistico. È un incubo per Bersani. E per l’intero paese. Talmente inquietante da indurre a qualche ripensamento sui benefici del ritorno al proporzionale.

Aggiornato il 09 aprile 2017 alle ore 13:25